Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street di Herman Melville (Giovedì 2 marzo 2023)

Considerato racconto lungo, a volte romanzo breve, scritto nel 1853 dal geniale autore americano di “Moby Dick” Herman Melville, “Bartleby lo scrivano” divide ancora, dopo quasi due secoli, critica e lettori, soprattutto per quanto concerne il significato finale dell’opera, incentrato sulla figura del misterioso Bartleby, che si presta a interpretazioni tanto diverse, quanto tutte egualmente possibili, ponendo forse l’opera tra quei testi che i secoli non corromperanno, proprio per l’enigma e il mistero che il protagonista pone, e che uomini di oggi, come nel passato, han cercato di decifrare.

In uno studio di avvocati di New York, dove già lavorano due scrivani e un fattorino (Turkey, Nipples o Pince-nez, scrivani agli antipodi e Ginger nut il 12enne fattorino), compare Bartleby come terzo scrivano. La descrizione stessa del personaggio al suo ingresso non è lineare, nè pone i lettori in accordo, anticipando da subito un elemento di mistero.

È la stessa penna di Melville che seleziona definizioni e aggettivi ambigui, e probabilmente volutamente contraddittori, ad alimentare lo straniamento del lettore: “Bartleby è lì, pietosamente o gravemente rispettabile/onorabile-onesto?”, nella traduzione, ambigua come il resto, è “triste in modo incurabile, o disperato senza speranza”?

E la traduzione torna a essere discussa dal gruppo sui diversi modi di rendere la frase emblematica del protagonista, che ripeterà fino alla fine: “I would prefer not to”. Altro enigma. Non perchè il contenuto non sia chiaro, ma perchè i lettori han notato, molto acutamente, che la traduzione in altre lingue diviene difficile.

Sin dalla prima volta in cui Bartleby la pronuncia, la frase riscontra traduzioni che evidenziano sfumature di senso diverse, che cercano di contenere quel che Melville dice la prima volta che lo scrivano la pronuncia (“un tono insolitamente/singolarmente mite/dolce, ma anche una voce ferma e decisa”).

Quindi in italiano “Preferirei di no”, più risoluto o “Avrei preferenza di no”? che forse traduce meglio la gentilezza e calma del personaggio, ma danneggia la resa del testo che risulta ancora più straniante- come alcuni lettori han rilevato.

Ma torniamo e soprattutto entriamo nel cuore del testo: Bartleby compare. Lavora. Come lo vediamo, è già ambiguo dalla descrizione.

Ma il mistero vero si apre quando lo scrivano… agisce. O per alcuni, NON agisce.

L’enigma si apre quando Bartleby (e ricordiamolo, in modo insolitamente dolce ma fermo), si blocca e pronuncia il primo “Preferirei di no.” È allora che si apre l’enigma vero. E la discussione che forse coinvolgerà per secoli i lettori.

Le ipotesi sul personaggio, tra critica letteraria (molti vi vedono un uomo nichilista, che ha smesso di vivere) e lettori sono molteplici: Bartleby è un uomo solo, isolato anche tra gli uomini, e non riesce a comunicare e non ne ha più la capacità; Bartleby è apatico- il motivo non vien spiegato, e quello è solo il momento in cui la sua apatia si manifesta per poi esplodere; Bartleby ha subito qualcosa- ma non sappiamo cosa- forse una perdita, forse una tragedia, e preda di una depressione irrefrenabile, arriva a un punto di non ritorno… o Bartleby, come noi, ha una storia piena di buchi che non vogliamo vedere o condividere, e nel racconto NOI riempiamo quei buchi, seguendo lo scrivano nel suo mondo sempre più scisso da quello altrui…

Oppure no. Bartleby rompe le regole sociali. E per questo…è destinato al declino.

O ancora Bartleby è un anticonformista, che non si adegua alle norme, e diviene indifferente alle regole sociali, indifferente a tutto, e si assume la sua responsabilità di stare fuori da un mondo inumano basato su economia e lavoro e avidità.

Per altri, è un essere in caduta libera che sta per schiantarsi, e noi lo incontriamo nella fase di decadimento finale, ancora capace di aver impercettibili reazioni (le labbra tremano, Bartleby dice “preferirei non essere ragionevole, al momento”), ma poi non ce la fa e definitivamente si perde.

Per molti, la chiave simbolica va ricercata nell’epoca in cui Melville scrisse la storia. Wall Street alla sua nascita, New York, primi ottocento. Bartleby, anti-eroe, si frappone a tutte le tipologie di grandi lavoratori comuni o del tutto schiavizzati e compressi nel sistema (ad esempio gli altri 2 impiegati) ai quali lo scrivano pone in antitesi una “ribellione” calma, consapevole, non politica, ma ugualmente forte nel suo non accettare il dato di fatto e il nuovo modo di essere.

“Per cosa vi date tanto da fare?” Nulla.

E qui Bartleby diventa eroe di o meglio anti-eroe contro un mondo che sta cambiando, simbolo di un diniego portato avanti con cortesia e il suo distanziamento, e allontanamento, rappresentano una guerra senza guerra, e senza giudicati. “Io non accetto tutto questo” al posto di “I would not…”.

Sono infinite le interpretazioni o le visioni. Per questo, l’opera affascina e pone domande dopo due secoli. Chi è Bartleby? Un essere umano così libero, persino di lasciarsi finire, che nessuno possa darne giudizio o definizione? Un ribelle silenzioso, su cui nessuno possa intuire un movente finale? Un reietto del mondo che non vi può trovar posto? Perché si accettano morti per crudeltà e malevolenza, odio o vendetta; ma la morte per inedia no. Pure avesse senso o scopo.

Dal punto di vista letterario, si sottolinea come sia un’opera straordinaria: una storia fatta di niente che tiene avvinto il lettore che in qualche modo ne diventa protagonista per riempire i tanti vuoti disseminati da Melville. È inoltre un’opera che mantiene un equilibrio difficilissimo, trasmettendo profonda inquietudine e angoscia, ma non senza inserti ironici.

E colpisce l’attualità dei temi dell’alienazione, estraniazione e solitudine dell’uomo in una società votata al lavoro e alla produzione in cui l’umanità perde le sue caratteristiche per diventare ingranaggio. In questo l’opera è davvero profetica e dirompente.

In parte come lettori oscilliamo tra il sentirci vicini a Bartleby, quasi contagiati dalla “sua malattia” nell’insinuare una terza via possibile tra il sì e il no, tra l’essere e il non-essere e l’immedesimarci nel suo capo, l’avvocato che si sforza di comprendere il comportamento di Bartleby e di aiutarlo con compassione e buon