Dietro la porta di Giorgio Bassani

Le prime righe del romanzo risuonano potenti, conducendoci nell’atmosfera malinconica e angosciosa del libro:

Sono stato molte volte infelice, nella mia vita, da bambino, da ragazzo, da giovane, da uomo fatto; molte volte, se ci ripenso, ho toccato quel che si dice il fondo della disperazione. Ricordo tuttavia pochi periodi più neri, per me, dei mesi di scuola fra l’ottobre del 1929 e il giugno del ’30, quando facevo la prima liceo. Gli anni trascorsi da allora non sono in fondo serviti a niente: non sono riusciti a medicare un dolore che è rimasto là, come una ferita segreta, sanguinante in segreto.

Già da queste righe si coglie l’aspetto autobiografico o comunque molto personale dell’opera: il protagonista e narratore, di cui non conosciamo il nome, è il giovane Giorgio Bassani, un ragazzo ebreo, di Ferrara, che frequenta la prima liceo, con la sofferenza e il disagio di chi già si sente – e vuol sentirsi – escluso.

Il protagonista è pronto ad iniziare il nuovo ciclo scolastico, tra i migliori adolescenti della più agiata borghesia. Per il ragazzo questo significa perdere Otello, amico fidato di sempre, rimandato e trasferito in un collegio privato a Padova. Bassani ci presenta un intero campionario di adolescenti, ciascuno con la sua storia, brevemente accennata ma incisiva. Ma sono due i compagni che emergono: Carlo Cattolica, perfetto in tutto, ricco bravo intelligente lucido, di cui il protagonista vorrebbe essere amico e Luciano Pulga, studente dagli occhi color ghiaccio, dall’atteggiamento enigmatico, strisciante, in ristrettezze economiche, per questo e per altro, reietto e mal visto dagli altri amici. Il ragazzo ne è infastidito e attratto insieme, e si scopre incapace di reagire e di porre un freno all’invadenza e alla sfacciataggine di Luciano che si insinuerà nella sua vita. I tre giovani protagonisti rappresentano tre caratteri molto netti e precisi: Pulga scivoloso e viscido, Cattolica manipolatore maligno e narciso, il protagonista chiuso e introverso, enigmatico, che si muove freddo tra le persone, sempre timoroso di perdere il controllo.

L’anno scolastico prosegue tra versioni di latino e greco, compiti di matematica, interrogazioni, aule, corridoi, invidie, gelosie, pregiudizi, competizioni, credi religiosi diversi, ceti sociali mai sufficienti, e ricerca di pura e semplice amicizia. Il romanzo descrive molto bene le dinamiche e il senso di fragilità e disagio che caratterizzano l’età inquieta dell’adolescenza.

In questo scenario, Bassani cammina in bilico come un funambolo, cercando quel suo posto nel mondo, cercando quella sua stabilità, cercando una persona con cui poter studiare, condividere e crescere. E crede, forse, di aver trovato questo in Luciano. Ma non sempre tutto è come appare e scoprirà un crudele tradimento dei due compagni, davanti al quale sarà chiamato a scegliere: continuare a stare dietro la porta anche dopo aver scoperto la verità, o uscire allo scoperto, ed affrontare un dolore che brucia nel profondo? Il protagonista scivolerà via non visto dall’appartamento, fuggendo.

Questo breve romanzo ha stimolato riflessioni profonde su tematiche appassionanti. Per questo motivo, pur senza essere giudicato un capolavoro o una lettura travolgente, ha lasciato il segno.

Quanto costa la Verità? Il protagonista non è disposto a nessun sacrificio per la Verità, preferisce evitare chiarimenti e rivelazioni scomode e faticose. Che significato ha stare dietro la porta? È segno di viltà, di ignavia, di mancanza di coraggio e di volontà di chiarire e scoprire le carte a viso aperto? O forse, in alcune situazioni, è preferibile stare dietro la porta, dimostrarsi superiore a certe meschinità e prendere le distanze senza dare la soddisfazione di esternare il dolore? Questa dignitosa corazza ha però un prezzo e rimane il dubbio che se il nostro protagonista si fosse aperto ed espresso di più, sarebbe stato più felice.

In questo romanzo tutto è molto raccolto, c’è un senso di chiuso, di opprimente, di casalingo e provinciale. Affiora la città di Ferrara, che vediamo attraverso le pedalate in bici di questo ragazzo fragile e offeso, di vicolo in vicolo, di strada in strada, struggente, bella e fosca, intima e terribile come un amore. La vicenda narrata è semplice, ma viene sostenuta dall’essenzialità della prosa di Giorgio Bassani: una scrittura forbita, ricercata ma mai astrusa, nobile ma mai stucchevole, raffinata e a suo modo sempre molto diretta all’essenziale.

Quest’opera è un racconto di crescita, amicizia, disillusione, umiliazione, esclusione ed è anche l’analisi di un uomo adulto che a distanza di oltre trent’anni si interroga sul futuro che è stato riservato ai coetanei, che è incapace di varcarla, quella porta, che è incapace di uscire, di abbandonare un temperamento schivo, riservato e di fuga seppur questo significhi continuare a prediligere la superficialità, la futilità ed inutili e poco gratificanti rapporti umani. E il libro si chiude con questa amara e severa considerazione:

«… già allora qualcosa doveva pur dirmi che se Luciano Pulga era in grado di accettare il confronto della verità, io no. Duro a capire, inchiodato per nascita a un destino di separazione e di livore, la porta dietro la quale ancora una volta mi nascondevo inutile che pensassi di spalancarla. Non ci sarei riuscito, niente da fare. Né adesso, né mai

Leggi la pagina 21 di questo libro.

Il postino di Neruda di Antonio Skarmeta

Il titolo originale di questo libro, Ardiente Paciencia, “ardente pazienza”, racchiude la tematica principale del romanzo, ossia l’amicizia che si sviluppa tra due individui completamente diversi. Il primo, Mario Jiménez, è un diciassettenne ex pescatore nominato postino dello sperduto villaggio cileno di Isla Negra, incaricato di recapitare la posta all’unica persona che riceva corrispondenza in quel luogo dimenticato, Pablo Neruda. Affascinato dalla sua persona e dalle sue poesie, Mario, oltre a leggere le “Odi” del poeta, a poco a poco costruisce un rapporto di amicizia con Neruda, che gli trasmetterà la passione per la poesia e le metafore, maturando nel ragazzo il desiderio di diventare un poeta anch’egli. Sarà proprio grazie alle parole di Neruda che Mario riuscirà a conquistare Beatriz, una bellissima ragazza di cui si innamora a prima vista, vincendo l’ostilità della suocera. Mario diventa uomo e la sua vita viene raccontata con leggerezza, tra momenti di serenità e spensieratezza e momenti di malinconia e nostalgia: la partenza di Neruda, la nascita del figlio, la registrazione dei suoni dell’isola da inviare al poeta, la festa organizzata per la vittoria del premio Nobel per la letteratura. Neruda tornerà a Isla Negra gravemente ammalato e i due amici riusciranno a vedersi una sola volta prima della morte del poeta. La storia si conclude con un finale cupo e misterioso, che ci riporta alla violenza del periodo storico del golpe cileno del ’73: Mario viene portato via e possiamo solo immaginare cosa l’aspetta.

La lettura è stata molto apprezzata, per la purezza espressiva e d’intenzioni dell’autore: senza lungaggini ridondanti, con ironia e delicatezza, Skarmeta ci porta dentro un racconto di vite al limite del mondo, un mondo perfetto così com’è, dove l’ingenuità, l’ignoranza, i valori, gli ideali, l’amore, la forza delle parole, l’omaggio al Poeta arrivano dritto al cuore, lasciando sensazioni epidermiche.

I lettori hanno amato la caparbietà di Mario, la sua semplice cocciutaggine, l’istinto quasi animale che lo spinge a raggiungere i suoi obiettivi. Mario è semplice, un puro dal candore naif e anche Neruda ne sarà piano piano stregato. Il centro di tutto il romanzo è proprio il rapporto tra il postino e Neruda e la crescita ed evoluzione di Mario da ragazzo ingenuo a uomo che scoprirà la vita attraverso la poesia e il rapporto con il poeta. Gli altri personaggi non vengono approfonditi e compaiono più come macchiette: la suocera, vero e proprio personaggio comico con i suoi esilaranti fiumi di parole, la bella e sensuale Beatriz che incarna il simbolo della femminilità. Anche il contesto storico politico rimane sullo sfondo, lontano e appena accennato. Questo aspetto per alcuni lettori è risultato una mancanza dell’opera: difficile affezionarsi a personaggi solo abbozzati e fare il tifo per loro. Anche il finale non ha convinto pienamente: sembra venire da un altro libro, in totale disarmonia con il resto dello stile narrativo. Probabilmente questo drastico cambio di registro è voluto dall’autore proprio per segnare una rottura dell’armonia e trasmettere tutta la cupezza e drammaticità di quelle vicende, come un pugno allo stomaco.

Il romanzo è stato apprezzato anche per il messaggio d’amore e di elogio per la poesia, un linguaggio che permette di scoprire la bellezza in quello che ci circonda. Tutto il libro è percorso da una lingua musicale, lo stile è colorato, ricco di parole e di immagini e la descrizione di Isla Negra e dei suoi abitanti è indimenticabile, con splendide descrizioni della terra cilena.

Alcuni passaggi sono particolarmente delicati e poetici: l’immagine di Mario che percorre l’isola registrando ogni suono da inviare a Neruda che soffre di nostalgia; Mario che impara a memoria tutti i telegrammi di sostegno al poeta e in quel momento si fa voce di tutto il popolo cileno che si stringe intorno nel momento più buio.

Inevitabile è stato il confronto con il famoso film “Il Postino”, in cui la vicenda è stata trasposta in un’altra ambientazione, l’Italia degli anni ’50. Nel film manca quello spirito e sapore cileno che permea il libro: l’ironia, le musiche, la potenza e suggestione della natura. Ma Philippe Noiret e Massimo Troisi hanno reso perfettamente i personaggi di Mario e di Neruda e hanno dato una nota più dolce, malinconica e commovente al film.

Leggi la pagina 21 di questo libro.