Ho paura torero di Pedro Lemebel

Il giudizio sul libro di questo mese si può riassumere con l’espressione “unanime entusiasmo”, da parte di tutti i lettori, e riferito sia alla storia, davvero coinvolgente, sia alla forma espressiva e allo stile esplosivo e originale di un autore (ingiustamente) sconosciuto in Italia.  Da alcuni definito lo scrittore cileno della post-dittatura, Pedro Lemebel è molto più di un semplice scrittore: è stato anche un grande performer e attivista omosessuale, ed è diventato col tempo un simbolo della controcultura internazionale. I desaparecidos, i diritti umani, la libertà sessuale, la ricerca di un dialogo democratico, la cura dei diversi e degli emarginati, l’opposizione alla dittatura sono i temi a lui più cari, attorno a cui ruota tutta la sua opera di artista.

Il libro prende il titolo da un verso della canzone popolare, Tengo miedo torero: il protagonista del romanzo, la Fata dell’angolo, canta questa canzone per la prima volta proprio all’inizio della vicenda e la sua voce rallegra tutto il quartiere.

Ho paura torero
ho paura che verso sera
il tuo sorriso svanisca!

Siamo nel Cile di Pinochet, è il 1986, e la Fata dell’angolo (chiaramente alter ego di Lemebel, come in molti suoi libri) ricama lenzuola e tovaglie per la Santiago “bene”, mentre nella sua soffitta giovani rivoltosi si riuniscono per capovolgere le sorti della nazione, tanto nessuno sospetterebbe di una vecchia checca artritica con tre peli in testa, ma lei sta al gioco, fa finta di non capire cosa stia realmente succedendo tra le mura di casa, e tutto perché al di là delle ciglia posticce e dei nastri di tulle, c’è un fragile cuore di cristallo che batte per il bellissimo Carlos, militante del Fronte patriottico Manuel Rodríguez. E mentre lei gli dona un amore incondizionato senza chiedere nulla in cambio, mettendo addirittura a repentaglio la propria incolumità, nell’enorme dimora di Pinochet si consuma il dramma del generale; l’uomo temuto da tutti, l’uomo che sta terrorizzando il Cile, quello stesso uomo che si è macchiato di crimini contro l’umanità viene tratteggiato da Lemebel come un codardo ossessionato dalla paura di morire e vittima silenziosa di una moglie ciarliera quanto una gallina. È qui che la satira si fa pungente, e il suo ritratto grottesco e impietoso, che può sembrare eccessivo ma in realtà corrisponde a molti tratti reali del dittatore, è difficile da dimenticare. Anche perché Pedro, con Pinochet, fa letteralmente a pezzi la destra sudamericana, mettendola a nudo nei suoi tic e nelle sue manie sessiste e fasciste.

Sono tanti i pregi di questo libro: innanzitutto è una storia avvincente, costruita a regola d’arte, e poi è scritto con una prosa poetica che lascia senza fiato: le parole, che si inseguono festose e sovrabbondanti nella loro irriverente teatralità, son talmente dense e barocche che viene voglia di leggerle a voce alta! Il linguaggio del romanzo è il “vestito” perfetto per la Fata dell’angolo, le calza a pennello: è un fiume impetuoso di parole-farfalla, ammalianti, seducenti, stravaganti, spesso inventate da Lemebel, tanto da creare non pochi problemi alla traduzione, come ci ha raccontato la editor di Marcos y Marcos, Claudia Tarolo.

Ho paura torero è una strabiliante storia d’amore, ma anche un ineguagliabile percorso di scoperta  e di innamoramento della politica e della sua importanza: infatti la Fata, prima poco interessata a ciò che succede intorno a lei, sognatrice  e romantica, scopre le madri e le mogli dei desaparecidos, tocca con mano le violenze e le ingiustizie del regime, viene a contatto con il movimento di resistenza e piano piano ne entra a far parte, e non solo per amore di Carlos, ma per una presa di coscienza che stravolge la sua esistenza e nello stesso tempo le fa acquistare un senso, un progetto, una ragione di vita. Per questo il libro è anche un romanzo di formazione all’incontrario, dato che il protagonista non è un giovane che diventa adulto ma una vecchia Fata ignorante che diventa una rivoluzionaria militante.

Simbolo di questo percorso è la grande tovaglia ricamata dalla Fata, che compare negli snodi determinanti della vicenda: anziché decorare la tavola del generale per cui era stata confezionata, accompagna il picnic organizzato da Carlos per preparare l’attentato a Pinochet; anziché ospitare il banchetto sontuoso dei generali assassini in ricordo del colpo di stato, macchiandosi di cibi sporchi del sangue di tanti innocenti, viene portata via dalla Fata! E ricompare infine, ad accogliere sulla spiaggia l’ultimo incontro e l’addio con Carlos, che però potrebbe non essere definitivo, lasciando aperto un futuro possibile. Una tovaglia che è anche metafora del legame tra i due mondi di Carlos e della Fata, così lontani e contrapposti all’inizio, e poi così vicini e solidali alla fine, quando i due personaggi si scoprono entrambi profondamente cambiati e arricchiti.

Hanno i suoi disegni
piccole figure
uccelline pazze
che vogliono volare…

Mentre si legge li libro, a volte si può avere il timore che lo stile ricco e piumato di Lemebel possa nuocere alla fluidità della narrazione, soprattutto nelle scene più sensuali, e invece è incredibile come non cada mai nel volgare e come, nonostante il carico di fronzoli, tutto risulti veramente poetico e travolgente. E per molti lettori è stata proprio la sua penna tagliente, grottesca e surreale il punto forte dell’intero libro.

Non poteva essere che la casa editrice Marcos y Marcos a stampare il libro in Italia, dal momento che il suo fine fondamentale corrisponde in pieno al pensiero di Lemebel: valorizzare le differenze, “aprire finestre sul mondo”, cercando con coraggio un equilibrio tra necessità commerciali e ricerca di qualità e originalità. Non solo: Claudia Tarolo cerca di incontrare sempre gli autori, di conoscerli, come ha fatto con lo stesso Pedro. Ancora: la veste grafica è sempre studiata accuratamente libro per libro, e in particolare la copertina viene suggerita dalla editor e realizzata da un illustratore: così è stato anche per Ho paura torero, con le farfalle e la torta carica di significati simbolici. Altro passaggio molto curato è la traduzione: abbiamo detto sopra che per Lemebel è stata particolarmente difficile, soprattutto la resa in italiano della Loca del frente, che non si è voluto tradurre banalmente “la pazza”: e così Claudia Tarolo ha pensato alle fate ignoranti di Ozpetek!

Leggi la pagina 21 di questo libro.

Rimini di Pier Vittorio Tondelli

Questo romanzo corale, pieno di flashback e digressioni, è un’esplosione di storie e di personaggi, raccontati con un costante alternarsi delle vicende, tenute insieme da sottili rimandi e soprattutto dall’ambientazione nella vita estiva di Rimini. Il gruppo di lettura ha evidenziato fin da subito come Tondelli abbia saputo interpretare al meglio lo spirito e l’atmosfera degli anni ‘80, con i suoi eccessi, gli artifici, il divertimento di massa, l’euforia e le sue ombre.

Il protagonista è Marco Bauer, giornalista desideroso di sfondare senza esclusione di colpi, inviato a Rimini dalla direzione del giornale dove lavora per occuparsi dell’inserto estivo tra costume e cronaca, a partire dal supposto suicidio del senatore Attilio Lughi. Di fatto, la prima impressione che si ha sul protagonista è che Tondelli non provi per lui una particolare simpatia, ritraendolo come un personaggio spocchioso e arrivista, un concentrato di narcisismo e arroganza. La sua convinzione di essere il migliore condiziona infatti la sua visione della realtà, impedendogli di comprendere l’ambiente che lo circonda e, soprattutto, di decifrare il comportamento degli altri. Le giornate di Marco si alternano tra la sovrintendenza dell’organizzazione delle mansioni facendo valere la propria competenza, la ricerca di servizi giornalistici e alcuni momenti di svago, tutto ciò completato dalla relazione sentimentale con la collega Susy.

In questa società basata sul “vedere per credere” Bauer viene sedotto ben due volte: prima dall’atmosfera incantata di Rimini e poi da Susy, affascinate giornalista, donna ambigua e imprevedibile, ambiziosa e in continua evoluzione, capace di adattarsi a ogni persona e situazione indipendentemente da ogni senso morale.

Alle vicissitudini del protagonista, si intrecciano una moltitudine di altre storie e personaggi: Beatrix lascia Berlino per andare alla ricerca di sua sorella Claudia; Alberto, suonatore notturno di sax, vive una misteriosa storia d’amore con Milvia, madre di famiglia in vacanza a Rimini. Entrambi scontenti di se stessi e della loro vita, si seducono reciprocamente per sfuggire all’apatia, alla solitudine e alla tristezza della quotidianità. Si inserisce poi la storia di Renato che racconta l’epopea e la caduta dell’impresa familiare di gestire la pensione Kelly. Altro personaggio chiave e probabile alter ego dell’autore è Bruno May, scrittore omosessuale, depresso e alcolizzato, reduce da una tormentata e distruttiva relazione con Aelred a Londra.

Rimini abbraccia per intero la complessità e i difetti degli anni che si trova a raccontare: Rimini come metonimia dell’Italia, dove “la massa si cuoce e rosola, gli eroi sparano a Dio le loro cartucce”.

Rimini si presenta come un libro dal forte sapore postmoderno nel quale non è previsto spazio per la naturalezza, che rielabora suggestioni, immagini e ritmi tratti dal cinema, dalla musica e dalla pubblicità proprio per rappresentare un luogo artificiale e fuori dal tempo e dallo spazio come un parco di divertimenti dove si svolgono le azioni dei protagonisti.

“Voglio che Rimini sia come Hollywood, come Nashville cioè un luogo del mio immaginario dove i sogni si buttano a mare, la gente si uccide con le pasticche, ama, trionfa o crepa. Voglio un romanzo spietato sul successo, sulla vigliaccheria, sui compromessi per emergere”.

I lettori hanno trovato diversi motivi di interesse nella lettura di questo romanzo: qualcuno ne ha amato le atmosfere notturne, i poetici  ritratti delle anime perse in cerca di qualcosa di inafferrabile, altri hanno gradito l’atmosfera poliziesca, i dialoghi serrati e cinici da noir, e i collegamenti più o meno nascosti tra le trame. Per alcuni è stato un agrodolce salto nei ricordi della Rimini della giovinezza, con immagini tipiche di quelle estati in cui personaggi di ogni tipo si incontravano in riviera, e si viveva un vero e proprio mito collettivo tra bagnini, straniere in vacanza, pensioni e hotel, discoteche, parchi divertimento.

La frammentarietà del romanzo, sostenuta da registri e toni molto diversi fra loro, per alcuni ha comportato una lettura faticosa tra storie e personaggi appena abbozzati. Tutti hanno però apprezzato la ricchezza e l’originalità delle descrizioni che attivano tutti i sensi (ad esempio la descrizione di un party attraverso i suoni e i rumori) e la profonda sensibilità dell’autore che affiora nell’affondo introspettivo di alcuni personaggi, in particolare Beatrix e Bruno May.

Numerosi sono stati i pareri concordi all’interno del gruppo riguardo la mescolanza dello stile, uno stile che lascia tuttora interdetti per la sua capacità di restituire con eguale nitore l’eccitazione per un viaggio o la solitudine dell’abbandono, gli abissi della crudeltà o lo stupore per la tenerezza.

Il merito principale di questa lettura è forse l’opportunità di imbatterci e scoprire o riscoprire Pier Vittorio Tondelli, autore nato a Correggio nel 1955, uno degli scrittori più influenti della sua generazione. Come ha scritto Giorgio Fontana su Internazionale (Perché facciamo ancora i conti con Tondelli, 12/9/215) ancora oggi facciamo i conti con la sua opera, ancora oggi ci domandiamo in che modo rileggerlo e come gestire questa variegata eredità.

Leggi la pagina 21 di questo libro.