In pieno lockdown il gruppo Pagina 21 si è ritrovato su una piattaforma digitale dopo più di due mesi di interruzione. L’incontro di aprile è stato quindi speciale, abbiamo parlato di tante cose, di libri naturalmente e delle variegate letture del periodo; ma anche di come ognuno stava vivendo questo momento così particolare di reclusione, tra preoccupazioni e ricerca di evasioni.

Anna Karenina, di Lev Tolstoj

Per alcuni lettori Anna Karenina è stata un’ottima compagnia, una lettura impegnativa per numero di pagine e andamento meditativo che ha riempito il tempo e fatto viaggiare completamente in un altrove. Alcuni hanno scelto invece di leggerne solo dei brani, mentre altri lettori erano ancora in corso di lettura.

I lettori che per l’occasione hanno riletto il libro hanno confermato a distanza di anni la passione per questo grande romanzo, in particolare per la profondità psicologica dei personaggi di cui Tolstoj ci fa scoprire ogni sfaccettatura, ogni fremito dell’animo, ogni minimo pensiero. Le intenzioni di Tolstoj nei confronti dei suoi personaggi sono subito chiare: andare fin là, fin dove si può, il più in là possibile, per cercare di agguantare con una rete di parole la natura delle sue creature, la loro essenza, seguendo il loro flusso di coscienza.

Intenzione di Tolstoj è quindi mostrare ciò che siamo. E ciò che siamo noi con le nostre vite è spesso un garbuglio di cose poco chiare, di pensieri presi a prestito, di contraddizioni, di piccoli misteri a cui è difficile dare una risposta.

E proprio Anna è un concentrato di contraddizioni. Si tratta di un personaggio complesso,a tratti fastidioso per la possessività e gli struggimenti, incoerente per come vive la maternità, amando disperatamente il figlio Serëža ma poi abbandonandolo, e indifferente nei confronti della figlia Annie avuta con Vronskij. Un personaggio quindi a cui ci si può affezionare ma che ha anche raccolto compatimento e giudizi negativi.

Ma Anna è anche incredibilmente moderna, donna piena di coraggio che intravede il vero senso della vita, dei rapporti amorosi. Anna, in fondo, tenta di essere fedele a se stessa, al suo desiderio: “Di dare e ricevere felicità.” Lasciato il marito, quel desiderio di dare e riceve felicità però non si avvera: tra Anna e Vronskij le cose si mettono male, irreparabilmente male, e lei vivrà tra spettri, rimpianti, morfina, sensi di colpa e abiti elegantissimi fino al tragico, inevitabile epilogo. Tolstoj ci restituisce tutte le fasi interiori di questo dramma irrisolto e ci regala superbi scavi psicologici, da tremare. Anna sa di andare contro corrente ed è schiacciata dal senso di colpa. Anna non vuole il divorzio perché vorrebbe che Vronskij la amasse senza regole sociali, senza bisogno di sposarla. E mentre pensa questo, è terrorizzata dai suoi pensieri perché sa che sono incomprensibili a quei tempi! Lei stessa è confusa, e il suo stesso suicidio non è una scelta, Anna muore nel dubbio, non ha trovato risposte. Gli altri personaggi trovano un senso alla loro vita, nel bene o nel male, lei no. Lei è un personaggio anti-ottocentesco.

Giustamente il titolo del libro è per lei, anche se tutti sappiamo che l’altro eroe del romanzo, il protagonista è Levin: Levin è Tolstoj, in lui si identifica, anche nella sua non completa positività.

Come Anna si cala nel cratere della propria vita e forse è lui l’unico, tra i personaggi, che riesce a trasformarsi. È molto commovente seguire lungo tutto il romanzo il suo percorso emotivo. Si sforza costantemente di essere vero, autentico, fedele a se stesso, quando la maggior parte delle volte non sa bene nemmeno cosa o chi sia. Non sempre ci riesce, anzi ci riesce meno di quanto fallisca, e spesso viene fregato dalle sue paure, le sue difese, dal terrore di non essere amabile, cioè non degno di amore.

Tutti i personaggi di Anna Karenina sono molto toccanti, difficile non volergli bene e commuoversi per le pose dolorose, imbarazzanti o catastrofiche che le loro vite assumono. Karenin con le mani dietro la schiena, sguardo a terra impaurito e pensieroso, da bambino dimenticato in collegio; Vronskij, “fresco e gagliardo”, in uniforme, plastico, poco lontano dalla scuderia che sorride con i suoi splendidi denti; Anna che gioca con le nappe del mantello mentre cammina col suo passo rapido e sodo; Levin con la falce in mano e lo sguardo concentrato e dolente; Stiva seduto a tavola che mangia e radioso guarda verso noi; Serëža, solo, seduto su una scalinata del palazzo, a coprirsi con le mani gli occhi umidi di pianto. Ognuno che tenta di sfuggire da ciò che più lo spaventa: essere niente per gli altri. Ognuno a suo modo e ognuno con i propri mezzi cerca di cambiare il proprio destino, cioè a dire, il proprio passato. Perché «tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo». E loro, i personaggi, vengono tutti (tranne Kitty e Dolly, e si sente) da famiglie infelici.

Riprendendo il libro letto di Amado letto alcuni mesi fa dal gruppo, abbiamo pensato con ironia a un possibile titolo alternativo “La signora Karenina e i suoi due mariti”. Abbiamo anche citato e commentato il film “Anna Karenina” (2012) di Joe Wright e lo sceneggiato della Rai del 1974 con Lea Massari.

Il romanzo si merita pienamente il titolo di “mattone russo”, per la mole, per le lunghe e pesanti digressioni filosofiche sulla società russa, sulla vita di campagna, le tecniche agricole russe e la caccia. Ma tutto sommato i lettori si sono sentiti ripagati e soddisfatti per una lettura che non si dimentica.

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