Giovedì 5 novembre 2020
Il titolo di questo breve libro è una chiara anticipazione di quel che ci si troverà a leggere, ma non rende bene il senso della storia come l’originale inglese che, letteralmente, è “I vestiti in cui stavamo dentro” (The clothes they stood uo). Sono infatti i due coniugi protagonisti, “spogliati” d’ogni loro avere, a mostrarsi ai nostri occhi nella loro realtà. I Ransome, coniugi imborghesiti e abitudinari, si ritrovano vittime d’un curioso furto: al rientro a casa da una serata a teatro, la scopriranno completamente svaligiata. I ladri non hanno lasciato nulla, neanche la moquette; ma essendo tutto coperto dall’assicurazione, il trauma non dovrebbe essere poi così forte. Difatti, all’inizio sembra limitarsi a una semplice storiella, neanche troppo interessante e unica, da raccontare a tavola con gli amici. Alla lunga però, questo evento scatenerà un forte cambiamento nella moglie Rosemary che, privata di tutti quegli averi che l’avevano come imprigionata in una monotona routine, ora riesce a vedere tutto ciò che prima evitava per abitudine o pregiudizio, e riesce finalmente a vedere ben altri vuoti: i silenzi, l’apatia, le rinunce della vita precedente, come se si fosse sbarazzata anche di quell’identità, quei “vestiti” che le si erano appiccicati addosso coprendo la sua vera personalità.
Quella casa vuota diventa così un’occasione di rivelazione: Rosemary scoprirà che la casa, e dunque l’esistenza, può anche essere riempita in maniera diversa. L’arredamento può diventare vivace, il cibo etnico, e la televisione si può accendere anche di pomeriggio, rivelando un mondo di talk show e discorsi finora sconosciuti.
Ora poteva incominciare. Sprofondata nel sacco di fagioli sul nudo parquet del suo ex salotto, Mrs Ransome scoprì di non essere infelice; si disse che questa situazione era più autentica e che d’ora in avanti avrebbero rinunciato al superfluo.
E mentre lei si mostra non solo aperta, ma anche eccitata dal cambiamento, lo stesso non può dirsi di suo marito Maurice che si aggrappa ostinatamente al passato, cercando di ripristinare la propria normalità: di certo questo furto li metterà l’uno di fronte all’altra, senza più maschere, e potrebbe essere questo il fine ultimo del racconto, secondo alcune lettrici: farci riflettere sui nostri legami anche più profondi, sulla loro sincerità o apparenza o addirittura menzogna. Una diversa interpretazione ci porta invece a pensare che Bennett non stia parlando di legami coniugali falsificati dalla routine, ma abbia scritto per ciascuno di noi una storia altamente metaforica, per costringerci a guardare con onestà dentro noi stessi.
Peculiarità di questo romanzo, soprattutto nella prima parte, è l’umorismo, quello tipicamente inglese, ironico e a volte vicino all’assurdo: la vicenda infatti oscilla tra comicità e dramma, sfiorando il surreale: sono questi tratti distintivi che hanno profondamente urtato alcune lettrici, disorientate dall’amarezza e tristezza della vicenda tanto da non vederne neppure i risvolti divertenti né la scrittura brillante e ironica, capace di raccontare anche il grottesco con misurata eleganza e britannico aplomb.
Particolarmente memorabili sono i dialoghi, quelli che la situazione paradossale costringe i protagonisti ad avviare, dovendo relazionarsi col mondo esterno, con soggetti diversi, dal funzionario di polizia a Martin e Cleo, trovandosi così a fare inevitabilmente dei confronti tra le proprie “certezze” e quelle degli altri, e prendendo infine atto dei propri limiti, almeno Rosemary. D’altronde la fluidità di Bennett nella stesura dei dialoghi si capisce bene pensando che è anche scrittore di testi teatrali e televisivi: lo stesso “Nudi e crudi” è diventato una piece teatrale.
Nello sconfortante ma illuminante epilogo, lo scrittore ribadisce come Maurice sia rimasto un personaggio statico, impenetrabile; al contrario Rosemary è un personaggio dinamico, curioso, dialogante, in evoluzione. Lei fa tesoro dell’insegnamento che l’essere privati di tutto le ha donato, è consapevole di quanto la sua persona sia cresciuta e maturata dall’esperienza, e lo confida al marito dichiarandosi ora pronta ad incominciare, dal momento che quella sorta di apprendistato è giunto al termine.
Quando ripensa al passato, il furto e tutto quello che è venuto dopo le sembrano una specie di apprendistato.
Ora, si dice, posso incominciare.
Leggi la pagina 21 di questo libro.
L’amore che dura di Lidia Ravera
Non è un appuntamento d’amore, quello che si sono concessi Emma e Carlo. A quarant’anni da quando hanno scoperto l’amore insieme, a vent’anni dalla fine del loro matrimonio, il loro appuntamento sembra piuttosto una resa dei conti, perché sono tanti i segreti, le ferite, le incomprensioni e le rinunce che li hanno allontanati e che restano da svelare.
Sarà attraverso i quaderni di Emma, traboccanti di verità, e a situazioni drammatiche che riusciranno a ritrovarsi, lungo un viaggio interiore emozionate, a ritroso nei sentimenti e nella loro storia.
Resta il mistero dell’amore che dura, che resiste, anche se più Carlo ed Emma si allontanano dalla prima giovinezza più aumenta la distanza fra loro. Che cosa continua a tenerli legati dai movimentati anni settanta fino al disincanto del presente? Quella che Emma chiama la chimica dei corpi? O qualcosa di più misterioso e tenace?
Il romanzo ha catturato gran parte del gruppo: grazie a una scrittura coinvolgente ed emozionante scopriamo pagina dopo pagina l’interiorità di personaggi sfaccettati e imperfetti attraverso rivelazioni taglienti che ci scombussolano e travolgono. I punti di vista si alternano e l’utilizzo delle pagine del diario di Emma ci restituisce un racconto non filtrato, diretto e senza pudori. Un’idea narrativa forse non originale ma molto efficace per farci scoprire il suo passato e la sua interiorità, direttamente dalla sua voce. Contemporaneamente viviamo il presente con gli occhi di Carlo, che inizierà un’indagine a ritroso spinto dalla necessità di riflettere sul passato. Scopriamo così come, nonostante l’amore e la complicità, Emma non riesca a parlare dei sui desideri più profondi a Carlo; e Carlo specularmente non riesca ad ascoltare. Una storia d’amore quindi appassionata ma anche molto sofferta, dove non mancano egoismo e cinismo e inevitabilmente ci si fa molto male.
L’entusiasmo non è stato unanime e non sono mancate le stroncature. Alcuni lettori, pur riconoscendo la scorrevolezza del romanzo e la bravura dell’autrice, sono rimasti freddi e poco coinvolti, forse per la scarsa sintonia con i personaggi principali, che in alcuni casi hanno suscitato fastidio e antipatia. Carlo ed Emma in effetti non sono così amabili: entrambi bellissimi e irresistibili agli occhi di tutti; lui egoista, materiale e narciso; lei confusa, dipendente, capricciosa evolverà crescendo, mantenendosi idealista e generosa e si realizzerà nella professione/vocazione d’insegnante. Si arriva quasi a simpatizzare per Alberto, il povero marito di Emma che assiste inerme e impotente alla tempesta di sentimenti tra i due protagonisti.
L’amore che vivono Carlo ed Emma è totalizzante, passionale, sbilanciato e pericoloso. Rasenta la dipendenza, l’ossessione, una malata idealizzazione del primo amore e non provoca felicità; viene quasi da sperare che possano liberarsi l’uno dell’altro. Questa storia ha suscitato tante domande e riflessioni: come amarsi quando le strade si dividono? È possibile amare due uomini? Mettere da parte i propri desideri significa amare? Come trovare un equilibrio tra indipendenza e amore/famiglia, tra un amore totalizzante e le proprie aspirazioni personali? L’amore può essere una catena che trattiene e frena la nostra evoluzione? È possibile rivivere, riassaporare con uno sguardo consapevole il passato, e accogliersi finalmente per quello che si è? Che tipo di amore è l’amore che dura?
I personaggi sono ben inseriti nel tempo che vivono e Ravera ha sicuramente rielaborato esperienze personali per l’ambientazione negli anni 70, raccontandone gli ideali politici, i riferimenti storici e culturali, le battaglie sociali, l’emancipazione del ruolo della donna.
Lo stile è veloce, moderno e ricco di immagini ad effetto. L’impalcatura della storia è molto studiata, tutto si incastra alla perfezione, non mancano gli artifici letterari e gli espedienti per colpire il lettore. Le vicende dei personaggi sono inframezzate da numerose riflessioni, sentenze, frasi suggestive sulla vita: per molti lettori questi interventi hanno arricchito il romanzo, per altri l’hanno reso un po’ artefatto e stucchevole.
Anche il finale è stato discusso, forse proprio perché rimane aperto alla nostra interpretazione. La passeggiata sulla spiaggia della giovinezza e del primo amore può rappresentare un ripartire, un ritrovarsi, con una nuova maturità e un recupero della comunicazione.
Leggi la pagina 21 di questo libro.