Una questione privata di Beppe Fenoglio

La proposta di leggere questo libro era nata dal desiderio di collegarci all’imminente 25 aprile con una lettura relativa alla Resistenza: abbiamo scoperto che il libro di Fenoglio non appartiene certo alla cosiddetta letteratura epica in cui i protagonisti sono eroi senza macchia né paura, mentre dall’altra parte stanno i “cattivi”. Si tratta di un libro complesso, molto discusso (come tutta la produzione di Fenoglio), che si discosta dalle aspettative dei lettori, anzi arriva a spiazzarli! Il nostro protagonista Milton è un partigiano badogliano, ma è prima di tutto un giovane intellettuale che ama la poesia e la ragazza che lo ha affascinato e a cui pensa appassionatamente e sempre: Fulvia “splendore”, così la definisce. Un giovane come tutti i suoi compagni di brigata, tutti intorno ai vent’anni, con i loro sogni, i loro progetti di vita, tutti travolti dalla guerra e dalla necessità di impegnarsi nella lotta partigiana in questo eccezionale momento storico. Colpisce il fatto che quella dei partigiani è stata una guerra di giovani: fa sorridere con amarezza quando uno di loro è considerato vecchio all’età di 30 anni. Perché a combattere contro il Fascismo e il Nazismo sono soprattutto giovani, spesso anche ragazzi non maggiorenni, e questo è uno dei punti più toccanti, che desta commozione: giovani che rinunciano alle loro vite tranquille, per qualcosa di duro, tragico, ma importante.

Milton, coinvolto fino all’ossessione nella sua “questione privata” (il sospetto che Fulvia sia stata amante dell’amico Giorgio), non riesce a distaccarsene, nemmeno in mezzo al fango e alla nebbia di queste Langhe ostili e indifferenti alla tragedia storica che si sta consumando in un paesaggio inondato dalla pioggia. Durante la lettura può venire il pensiero che questa sia una storia assurda: come può Milton pensare alla sua questione quando in ogni momento potrebbe essere catturato e ucciso dai fascisti? Calvino stesso definisce il libro una “storia della follia amorosa”, paragonandolo all’Orlando Furioso, ma nello stesso tempo il romanzo sulla Resistenza che “tutti avremmo voluto scrivere”: Fenoglio ci restituisce la Resistenza “vera”, non quella scontata e stereotipata degli eroi tutti giovani e belli, bensì quella degli uomini in carne e ossa, con le loro fragilità e debolezze antieroiche. E lo fa utilizzando una lingua realistica, tagliente e dolorosa, concreta e capace di farci percepire le sensazioni provate dai personaggi sulla loro pelle. E davvero questa Resistenza ci appare molto più autentica di quella descritta nei manuali di storia, perché la letteratura ha questo potere straordinario di mettere in luce ciò che i documenti e le fonti non dicono.

E così la storia di Milton tocca tutti gli aspetti dell’esistenza umana: amore, amicizia, tradimento, ideali, convinzioni politiche, forza di volontà. È la lotta partigiana vista come lotta di uomini e tra uomini, con le loro certezze, le loro manie, il più debole che soccombe di fronte al più forte, al di fuori di schemi e luoghi comuni, senza prese di posizione e cercando di comprendere le ragioni degli uni e degli altri. Uomini che combattono, ma che soprattutto sono esseri umani che si comportano come tali, provando sentimenti e facendosi sopraffare dalle emozioni, qualunque sia la divisa che indossano. Milton cerca Giorgio per ritrovare Fulvia, ma soprattutto per ritrovare se stesso.

E a questo punto il lettore si chiede cosa ha voluto dirci Fenoglio, qual è il messaggio, anche se il romanzo pare incompiuto. Il finale ambiguo ha messo duramente alla prova il gruppo in questa interpretazione: secondo alcuni Milton potrebbe morire alla fine, ma quel “crollò” non significa necessariamente questo. Si può dare ad esempio una lettura “simbolica” della figura di Milton, e ai più piace pensare che egli non solo sopravviva ma continui a correre, dopo aver attraversato la sua lunga questione privata che lo ha in pochi giorni costretto a crescere e diventare uomo, prendendo coscienza della crudezza dei tempi e giungendo a una maturità che lo ha reso più forte.

Ad alcuni piace anche pensare che sottesa a questo messaggio ci sia anche la forte condanna da parte di Fenoglio di ogni forma di guerra e di violenza (per quanto giustificata come fu la lotta di Liberazione): ad essere assurda è dunque questa guerra terribile che costringe gli uomini a perdere la loro stessa umanità.

Questa guerra non la si può fare che così. E poi non siamo noi che comandiamo a lei, ma è lei che comanda a noi.

Pensiamo al penultimo capitolo (l’esecuzione dei due giovani staffettisti), l’unico che sposta l’attenzione dallo sguardo di Milton, che si allontana dal protagonista, quasi a far vedere l’effetto di ciò che ha commesso: un capitolo straziante che ci fa ancor di più comprendere l’orrore della guerra, dove sono spesso le persone innocenti a patire il peggio.

“Sono vivo, Fulvia! Mi hai quasi ammazzato ma sono vivo!”: in questa frase, per una lettrice, sta l’essenza del messaggio finale: Milton è vivo, ha superato l’orrore, ha fatto i conti con il suo privato e con la Storia, si è assunto le sue responsabilità, e ora può continuare a vivere.

Leggi la pagina 21 di questo libro.

La pista di ghiaccio di Roberto Bolaño

“Parla della bellezza, che dura poco e finisce quasi sempre in modo disastroso”, diceva Roberto Bolaño della Pista di ghiaccio, uscito nel 1993 e ripubblicato da Adelphi con la nuova traduzione di Ilide Carmignani.

«Se proprio devo vivere che sia / senza timone e nel delirio»: questi versi di Mario Santiago, amico di Roberto Bolaño con il quale fondò il movimento poetico infrarealista, risuonano come una dichiarazione d’intenti nell’esergo di questo strano romanzo, opera di un autore diventato di culto per aver scardinato le regole del romanzo e per la vita stroncata prematuramente. Proprio senza timone e nel delirio sembrano vivere i personaggi di questa storia, esuli e sbandati che intrecciano le loro voci per ripercorrere le vicende relative a un omicidio avvenuto a Z, una cittadina della Costa Brava, località di mare come tante, invasa dal “fetore degli abbronzanti e degli oli solari” dei turisti. Le voci del romanzo sono tre. Quella di Enric Rosquelles, catalano, braccio destro della sindaca socialista, che controlla in maniera poco limpida le attività sociali e commerciali di Z. Quella di Remo Morán, cileno, con un passato da scrittore, che a Z gestisce un bar, qualche locale e un campeggio. E quella del guardiano del campeggio, Gaspar Heredia, messicano, poeta indigente, vecchio conoscente di Morán. Il racconto alternato dei tre segna un progressivo avvicinamento alla pista di ghiaccio, nucleo del romanzo, dove la storia ha origine e l’intreccio è destinato a sciogliersi. Questo luogo incantato è una costruzione creata all’interno di un labirintico palazzo abbandonato, Palazzo Benvingut, opera folle di Enric, che la disegna personalmente e la fa costruire con fondi pubblici per amore di Nuria, un’affascinante campionessa di pattinaggio sul ghiaccio, oggetto del desiderio di molti, personaggio sfuggente e misterioso, che ci viene raccontata attraverso lo sguardo ammaliato degli uomini che la circondano. Quella stessa pista di ghiaccio diventerà scena del crimine e gli equilibri già precari delle vite dei tre salteranno definitivamente con il ritrovamento di un cadavere.

La lettura del romanzo, che ha al centro un omicidio senza però svilupparsi né come un noir né come un giallo poliziesco, ha “spaccato” il gruppo, raccogliendo stroncature e sconcerto e, al polo opposto, entusiasmo e curiosità.

I personaggi raccontano fatti collegati all’omicidio, ma soprattutto ci raccontano di loro, delle loro debolezze, del loro passato e dei loro tormenti. L’indagine sembra più essere dentro di loro e le loro vite che rivolta allo svelamento dell’omicidio. Le regole della narrazione vengono scardinate per dissipare ogni senso di suspense e scopriremo solo alla fine ad esempio l’identità dell’assassino ma anche della vittima.

La risoluzione del caso passa quindi in secondo piano: l’autore vuole parlarci di solitudine e di umanità, di vite di scrittori marginali e di poeti mancati, delle loro complicate relazioni sentimentali e di piccole esplosioni di furia che stravolgono le loro esistenze. Questi sono temi ricorrenti nelle opere di Bolaño, lui stesso poeta esule, diviso tra Europa e Sudamerica, dalla vita travagliata e dissoluta e costellata da tanti lavori, tra i quali anche guardiano notturno in un campeggio vicino Barcellona.

Ne La pista di ghiaccio il motore della storia e fulcro del romanzo sono gli amori malati, desideri taciuti e mal interpretati che generano una serie di silenzi, bugie e azioni avventate. Tre amori disperati quindi, due dei quali si muovono attorno all’incantevole e irraggiungibile Nuria. La battaglia è combattuta tra Remo ed Enric, personaggi non a caso opposti per caratteristiche e temperamento: l’uno immigrato cileno, l’altro spagnolo; l’uno affascinante, l’altro goffo e sovrappeso; l’uno relegato a un amore fisico, sessuale, l’altro condannato a una relazione platonica. Gaspar Heredia si invaghisce invece di Caridad, una vagabonda deperita e silenziosa, instabile, che vive a scrocco nel campeggio.

I protagonisti di questa storia sono tutti personaggi dolenti, ai margini, invisibili derelitti, persone che sembrano aver smarrito uno scopo, una direzione: si inseguono senza motivo, percorrono strade differenti e raggiungono a turno la pista di ghiaccio, come spinti da una forza sinistra, un soffio maligno. Questa vena di follia e assurdità rende il racconto straniante, allucinato e indefinito: a partire dalla vicenda di base si sviluppano più sottotrame, che portano il lettore al disorientamento. Ad alcuni lettori è rimasta una sensazione di sconcerto ed è mancato il tipico calore nel narrare i sentimenti che caratterizza tanti autori sudamericani. Qui i personaggi non sono approfonditi dal punto di vista psicologico, non ci si immerge nella storia e non ci si immedesima in loro, non si coglie un messaggio chiaro da parte dell’autore.

Di questo romanzo fuori dagli schemi, hanno convinto le atmosfere notturne, misteriose, cupe ma in cui non manca l’umanità, la solidarietà tra disperati. In questa atmosfera malinconica, un po’ sognante, viene esplorato l’amore nelle sue forme più diverse.

Il confronto nel gruppo, evidenziando interpretazioni e sfumature così diverse, è stato ricco e interessante proprio perché ha confermato come ogni libro diventi un’opera diversa nella mani di un lettore.

Leggi la pagina 21 di questo libro.