Giovedì 6 settembre 2018
Il minotauro di Benjamin Tammuz
Una spy story? Un libro d’amore? Un romanzo epistolare? Impossibile classificare quest’opera, che presenta una struttura narrativa originale a mosaico e una mescolanza di stili e di voci narranti. La vicenda vede protagonista un agente segreto segretamente innamorato di una ragazza, l’evolversi del loro rapporto in un amore platonico fatto solo di scambi epistolari, due rivali in amore da controllare ed arginare. Il libro è stato apprezzato da quasi da tutti i lettori, con sfumature e intensità diverse. Per alcuni, gli aspetti più riusciti sono proprio l’originalità dell’impianto narrativo con le vicende narrate da quattro personaggi, l’imprevedibilità degli sviluppi e la struttura ben congegnata: si rimane coinvolti e incuriositi di sapere come andrà a finire. Per altri invece l’aspetto più apprezzato è stato lo stile di scrittura, in particolare la capacità evocativa delle descrizioni che trasmettono un forte legame con la terra natale e il bacino del Mediterraneo: sapori, profumi e colori sono resi vivi in pagine toccanti. Apprezzato anche l’aspetto romantico: il rapporto che si instaura negli anni tra i due personaggi solo attraverso le lettere è molto intenso e testimonia la forza e il potere della mente. Il libro ha lasciato anche alcune perplessità: perché sono riportati tutti i punti di vista, tranne quello femminile di Thea? La figura dell’agente e il suo amore idealizzato hanno lasciato inoltre in alcune lettrici un senso di disagio, per l’aspetto ossessivo e malato di questa passione che lo porta agire come uno “stalker”. Abbiamo convenuto però che il libro, scritto nel 1980 e pubblicato in Italia nel 1997, va contestualizzato nella sua epoca storica quando il concetto di stalking non esisteva neppure. La lettura ha lasciato in molti un senso di tristezza e di angoscia, per un amore non realizzato che si cristallizza in un desiderio impossibile d’amore, perché destinato a rimanere platonico, se deve conservare la perfezione (non a caso lei si chiama Thea = dea). Il libro ha ricevuto una sola stroncatura netta da parte di chi lo ha trovato troppo forzato, una costruzione piuttosto cervellotica e poco coinvolgente intorno a un amore tanto idealizzato quanto poco passionale, perché non vissuto. Tra i temi affrontati dal libro, anche l’emigrazione degli ebrei in Palestina, la ricerca della cultura trasversale che lega i Paesi dell’area mediterranea e l’amore per la musica e l’arte che unisce tutti i personaggi in una dimensione superiore. Molto presente è infatti la dimensione mistica e simbolica che pervade il libro: ad esempio la suddivisione in tre cerchi concentrici rappresentanti una conoscenza sempre più intima dell’essenza della musica (e dell’amore?); la figura del minotauro che dà il titolo al libro e in cui si identifica il protagonista, un mostro violento e distruttore, ma anche una vittima sacrificale predestinata.
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Quel che resta del giorno di Kazuo Ishiguro
Il romanzo ruota attorno al senso dell’esistenza di Mr. Stevens, un irreprensibile e perfezionista maggiordomo inglese. Attraverso le vicende principali della sua vita, raccontate da lui stesso durante un viaggio, si viene a conoscenza delle sue idee sulla dignità di un uomo, sulla democrazia, sull’amore, sulla partecipazione, sulla professionalità. Nelle ultime pagine del libro, e all’interno di qualche pensiero mal celato, Mr. Stevens ammette di aver completamente frainteso il concetto di dignità che aveva preso a modello, rendendo di fatto la sua esistenza completamente priva di senso. Il primo impatto per alcuni lettori è stato difficile, di noia e pesantezza: il racconto inizia infatti con toni lenti, quasi apatici e la narrazione è tutta incentrata sulle osservazioni estenuanti e pedanti del vecchio maggiordomo. Piano piano la realtà asettica e incolore filtrata attraverso il racconto di Stevens inizia a incrinarsi e si intravedono tiepidi i colori dei sentimenti umani, così ben repressi e nascosti dietro al “dovere” e al ruolo di perfetto maggiordomo. Man mano che l’orizzonte si amplia, grazie al ricordo di episodi del passato riguardanti il padre, Miss Kenton e l’antico padrone Lord Darlington, si è acceso l’interesse nella lettura e la comprensione della personalità di Stevens e del reale significato del suo viaggio attraverso la campagna inglese per incontrare Miss Kenton. Quasi tutti i lettori sono quindi arrivati al finale profondamente coinvolti, più vicini al protagonista che sembra capire, ormai troppo tardi, d’aver sprecato il suo tempo ed essersi negato la felicità personale per servire un aristocratico che ha sbagliato il lato della storia schierandosi a favore della Germania nazista. La grigia esistenza di Mr. Stevens, apparentemente insignificante, ha suscitato un ricco confronto nel gruppo, con tante analisi e ipotesi. Forse perché lo stile del racconto gioca proprio sul “non detto”, sul celare gli aspetti più sinceri delle emozioni che scorrono sotto traccia e non sono mai affrontate direttamente. L’apparente distacco, il comunicare omettendo le reali emozioni e pensieri caratterizzano innanzitutto il nostro protagonista, un uomo che attraverso il viaggio in auto, compie un viaggio dentro se stesso ripercorrendo la propria vita. Il libro ci ha fatto immergere completamente in un’atmosfera british: paesaggi brumosi, rigide convenzioni e formalità, rispetto delle tradizioni, sottile ironia che pervade certi dialoghi, stile impeccabile e linguaggio forbito. Abbiamo anche ipotizzato che l’autore abbia così ben descritto la devozione assoluta verso il lavoro e l’annullamento personale di Stevens dietro una perenne maschera anche in virtù della sua cultura d’origine giapponese. Il libro e lo stesso Stevens si prestano a differenti interpretazioni ed ipotesi sul possibile finale, lasciato un po’ sospeso. Prevale comunque la sensazione di un dolore rimosso, di un ulteriore e immutabile rinvio e di un ritorno alla vita consueta, a fedele servizio del nuovo padrone. La lettura ha trasmesso in tutti amarezza e malinconia, un senso di rimpianto e rammarico per quello che non si è vissuto, per le occasioni non colte. In nome di un senso del dovere maniacale, preoccupato di trovare nella “dignità” professionale il senso della sua vita, Mr. Stevens scopre, quando del giorno resta solo la sera, la bellezza struggente di un amore perduto. Nel complesso il libro è stato apprezzato anche se non si è trattato di una lettura semplice perché richiede una contestualizzazione: Stevens, che ai nostri occhi moderni può apparire grottesco nel suo essere ingessato e fresso, è il riflesso di una società molto lontana da noi, costruita su rigide gerarchie e su un sistema di valori molto diverso. Abbiamo infine condiviso l’idea che la forza e la bellezza di leggere e partecipare a un gruppo di lettura è proprio il restare coinvolti e discutere insieme della vita a partire dalle vicende di personaggi lontanissimi da noi e dai nostri interessi. L’autore Kazuo Ishiguro ha vinto il Premio Nobel per la letteratura 2017 e la motivazione dell’Accademia Svedese conferma le nostre impressioni: «Ishiguro con i suoi romanzi dalla grande forza emotiva ha svelato l’abisso sotto il nostro illusorio senso di connessione con il mondo».
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