Michelle Cohen Corasanti, COME IL VENTO TRA I MANDORLI (Giovedì 3 agosto 2023)

La storia inizia in Palestina a metà degli anni Cinquanta, mentre il conflitto arabo-israeliano si infiamma. Ichmad, dodici anni, un talento non comune per la matematica e un'ammirazione sconfinata per Albert Einstein, suo grande mito, scopre per la prima volta la violenza e la paura. La sua famiglia viene costretta dall'esercito israeliano ad abbandonare la casa e tutti gli averi per trasferirsi in un fazzoletto di terra rallegrato soltanto da una pianta di mandorlo, unica fonte di sostentamento e ristoro. Quando il padre di Ichmad viene imprigionato con l'accusa di aver nascosto delle armi per i rivoluzionari, spetta a lui, primogenito, il compito di prendersi cura della madre e dei numerosi fratelli.

Anno dopo anno, ingiustizia dopo ingiustizia, mentre i suoi fratelli soccombono all'odio verso Israele, Ichmad lotta per dare un senso a ciò che lo circonda. Usando il suo talento e la sua intelligenza, vince una borsa di studio per l'università dove può iniziare a costruirsi una vita migliore. Poi la storia fa il suo corso, mentre Ichmad, ormai adulto, riesce a emigrare negli Stati Uniti dove finalmente ricomincia a sognare.
Michelle Cohen Corasanti, ebrea americana, ha vissuto per sette anni in Israele, dove ha maturato la decisione di scrivere questo libro che non è solo un romanzo, ma è diventato un vero e proprio manifesto di denuncia e informazione sulla realtà del conflitto arabo israeliano. Non a caso l’autrice ha fondato The almond tree project, un’associazione che promuove il dialogo tra israeliani e palestinesi tramite letteratura, musica e teatro.

Come gli attenti lettori di pagina 21 hanno notato, il libro non è esente da difetti di carattere narrativo, di costruzione dei personaggi e di qualche necessità di limatura, tuttavia è una buona storia che riesce a catturare ed è capace spesso di emozionare senza scadere nel sentimentalismo, sforzandosi nel frattempo di portare al centro la questione palestinese.

Per farlo, la scrittrice utilizza esplicitamente l’autobiografia, proiettandosi soprattutto nel personaggio del protagonista, ma anche della sua sfortunata prima moglie uccisa brutalmente. E se i personaggi ci sembrano spesso poco realistici, questo accade perché la Corasanti ne fa una sorta di emblemi, di simboli del popolo palestinese e delle sue caratteristiche, anche estreme e a volte stereotipate, come il padre che rappresenta la non violenza e il rifiuto dell’odio, o la madre tradizionalista o il fratello che invece sceglie il terrorismo.

In tutto questo, il protagonista finisce per dare l’impressione di un certo egoismo, visto che fa tutto per sè e per la propria famiglia d’origine, tralasciando il suo popolo, come gli rinfaccia puntualmente il fratello Abbas. Questo suo essere una figura contraddittoria è però un pregio in un contesto oggettivamente tanto complicato: il suo individualismo, che è marchio indelebile della mentalità americana, è però ciò che lo salva e lo porta al successo, come a ribadire che altre strade per lottare, fino ad ora, sono precluse al popolo palestinese. La possibilità di risolvere la questione attraverso il dialogo sarebbe percorribile, come dimostra il rapporto controverso di Ichmad con il suo insegnante ebreo che non a caso si chiama Sharon, ma appunto ciò accade solo in un romanzo, non nella realtà, dove i potenti della terra e le vie della politica continuano a non comunicare e a non volere realmente una soluzione.

Per questo il parziale lieto fine, con la destinazione del premio ricevuto da Ichmad a una associazione a tutela dell’istruzione dei bambini palestinesi, sembra dirci che la pace potrà essere realizzabile solo dal basso, a partire dagli stessi israeliani e palestinesi e dalle fondazioni-associazioni come quella della Corasanti o le Donne in Nero.

Come il vento fra i mandorli è un romanzo in cui la Storia è protagonista, una storia vera, scritta con il sangue dei protagonisti uccisi, con le lacrime dei testimoni sopravvissuti, con la sabbia del deserto, con le ceneri delle case incendiate, con il miele dei dolci.

Ma non solo. È anche un articolato romanzo di formazione che insegue l’eroe nel suo viaggio fra continenti e anni e lutti, raccontando la crescita di un bambino che diventa ragazzo, uomo, vecchio senza perdersi, senza lasciarsi rubare i sogni e gli ideali.

Ed è anche un coraggioso e commovente romanzo di denuncia, nella accorata difesa della pace e del rispetto umano: a questo messaggio si riferisce dunque il titolo del libro, in cui i fiori del mandorlo sono simbolo di speranza e di resistenza.