Cime tempestose di Emily Bronte

Bisogna ammettere che la lettura di un classico riserva sempre buone sorprese al gruppo di lettori delle 18, sia che si tratti di una rilettura, sia che si affronti per la prima volta l’opera. In ogni caso la discussione si sviluppa agevolmente e con un largo e diffuso piacere del confronto… come diceva Calvino: un classico è semplicemente un libro che ha sempre qualcosa da dire, in tutte le epoche.

Questo romanzo ha molte peculiarità che lo distinguono: è l’unico scritto da Emily, ha una struttura innovativa molto complessa che è stata paragonata a una “serie di matrioske”, rende protagonista un personaggio che incarna il male con tanta crudezza da suscitare lo scandalo dell’intera critica letteraria… per dirla in sintesi è decisamente al di fuori dei canoni dell’epoca vittoriana in cui si situa.

Il libro parla dell’amore passionale di Heathcliff per Catherine, un sentimento distruttivo al centro del libro, con la gelosia e la brama di vendetta che porta con sé.

Lo scenario delle vicende è ben rappresentato dal titolo stesso Cime tempestose, la tenuta in mezzo a una desolata brughiera che non è soltanto lo sfondo, ma una sorta di natura personificata che partecipa intensamente all’intreccio, tanto da scatenare una vera tempesta di sentimenti. Infatti l’ambientazione è apparentemente realistica, ma in verità fin dall’inizio compaiono vari elementi strani, sovrannaturali, che rimandano a un forte simbolismo tipico del Romanticismo.  Sull’intera trama, ricca di personaggi e di colpi di scena, domina cupamente il malvagio Heathcliff, sconvolto da due passioni contrapposte: l’amore e il desiderio di vendetta verso l’intero mondo circostante, senza trovare mai pace, e senza mai redimersi o pentirsi o perdonare… Un antieroe assoluto, trasgressivo e brutale, che in piena atmosfera dickensiana, doveva per forza sollevare lo sconcerto non solo dei critici ma anche dei lettori che si attendevano il lieto fine o almeno una conclusione portatrice di buoni sentimenti e messaggi edificanti. Difficile riassumere una trama tanto contorta, raccontata da più narratori; basterà sottolineare come Emily sia riuscita a costruirla accuratamente e simmetricamente, con un preciso disegno.

Per molte lettrici si è trattato di una rilettura, e per tutte l’impressione è stata quella di aver letto un ALTRO libro rispetto a quello dell’adolescenza, dal momento che in tutte era rimasta impressa la memoria di una grande storia d’amore e soprattutto il protagonista Heathcliff come figura affascinante e conturbante. Oggi invece è unanime la constatazione che non si tratta affatto di una storia d’amore, ma piuttosto di una passione ossessiva e malata, patologica e distruttiva, quasi da romanzo gotico.

La natura invade la storia, con la sua pioggia gelida, la nebbia, il freddo, mentre il bel tenebroso protagonista che a una giovinetta è apparso tanto fascinoso, in realtà è tuttora oggetto di analisi critica, a partire da una domanda elementare: perché uno psicopatico brutale e violento ha infiammato l’immaginazione di tante donne?

Una risposta può essere legata all’emarginazione che fin da piccolo lo ha segnato, ferendolo profondamente come “diverso”, destinato a una sofferenza lancinante: da qui il suo progressivo scivolare dal dolore all’odio e al desiderio viscerale di vendetta. La sua cattiveria in fondo è la stessa del mondo vittoriano che vede la classe dei ricchi schiacciare i tanti poveri miserabili, i mendicanti, i bambini obbligati a lavori faticosi e umilianti. Secondo il parere di altre lettrici, il personaggio di Heathcliff nasce anche dalla stessa vicenda biografica della Bronte, dominata dalla solitudine e dalla rigida educazione impartitale dal padre, essendo orfana di madre. Molte lettrici si sono stupite per come è riuscita, questa giovane scrittrice morta a soli trent’anni, vissuta quasi sempre relegata in un angolo di mondo, senza relazioni umane né sentimentali, a scrivere una storia simile, scolpendo le passioni con tanta forza, pur non avendole vissute. Certo l’avranno supportata le molte letture, ma è comunque unanime il giudizio di genialità assoluta espresso dal gruppo. Un’ultima riflessione è scaturita a proposito della “diversità” di Heathcliff, suggerendo un possibile confronto con il libro della sera, “Frankenstein” di Mary Shelley.

Frankenstein di Mary Shelley

La lettura ha suscitato un vero e proprio effetto sorpresa per molti lettori che non conoscevano il romanzo ma soltanto il personaggio, entrato nell’immaginario collettivo attraverso versioni cinematografiche di ogni genere e divenuto negli anni una sorta di icona pop. Lo stupore è stato nello scoprire tutta un’altra storia rispetto a quella immaginata, a partire banalmente dal nome Frankenstein che non identifica la creatura mostruosa, bensì il suo creatore.

Colpita dall’ipotesi, ventilata dalla scienza di quegli anni, che grazie al galvanismo si potesse ridare la vita ai cadaveri, la giovane Mary Shelley concepì la storia dello scienziato Victor Frankenstein, che riesce ad animare una mostruosa creatura ma paga il risultato scientifico con la perdita di tutti gli affetti. Una storia angosciante, una favola potente e terribile che fin dal suo primo apparire, nel 1818, si è imposta nella cultura occidentale con la sua forza di mito antico e contemporaneo.

Tante le riflessioni e gli spunti di discussione generati da quest’opera, che ancora a distanza di 200 anni ha una potenza e attualità che suona quasi premonitrice. Come può il desiderio di conoscenza dell’uomo armonizzarsi alle leggi della natura? Cosa succede quando si superano certi limiti? Chi è la vittima? Chi è il cattivo in questa storia?

La creatura è un diverso che chiede amore e comprensione: animato da profondi sentimenti di solidarietà, subisce un tremendo abbandono da parte del suo creatore e poi dell’intera umanità. Da questa solitudine e infelicità scaturisce gradualmente la malvagità e il desiderio di vendetta e distruzione. Il Dottor Frankenstein, obnubilato da un senso di onnipotenza pericoloso e incurante delle conseguenze del proprio agire, con la sua fredda brama di conoscenza, appare quindi meno umano del mostro: la sua sfida alla natura per vincere la morte viene condotta con tracotanza e la creatura, originata da questo titanismo, appare come la vittima, più umana e sensibile dell’uomo.

“Frankenstein” è quindi solo in apparenza un racconto dell’orrore. Dietro c’è molto altro. Addentrandoci nelle pagine, scopriamo una verità sconvolgente: il mostro è tale perché si sente tale, è una creatura che vive isolata dal suo prossimo e dal mondo che lo circonda. L’isolamento e la solitudine che vive la creatura nata dagli esperimenti del dottore non è distante dall’isolamento e dalla solitudine che molti di noi provano in certi momenti della nostra esistenza.

Si tratta, per giunta, della stessa sensazione che sperimenta il creatore del mostro, il dottor Frankenstein, che nel corso della narrazione perde i suoi cari, rimane solo, e si ritrova egli stesso a sentirsi un mostro, una creatura senza scopo né ambizioni. Fra l’altro, questo è uno dei romanzi in cui il tema del doppio è meglio sviluppato: il dottore e la creatura sono le due facce di una stessa medaglia, due esseri che hanno creduto di poter oltrepassare i limiti umani, due figure che esprimono l’eterna scissione della nostra personalità.

Dal punto di vista stilistico, la lettura presenta molte caratteristiche tipiche del romanzo gotico: lo stile ridondante, la presenza costante della natura e degli elementi atmosferici, con paesaggi e atmosfere che richiamano fortemente l’oscurità che si cela nell’animo dei protagonisti, certe ingenuità nel tratteggiare i personaggi che a volte si muovono come marionette, il tema del viaggio come scoperta e avventura, i carteggi epistolari. Molto belle e suggestive le pagine di scoperta della creatura, in cui viviamo le percezioni della nascita, la luce forte percepita, il suo fastidio, il lento abituarsi alle percezioni dei sensi, il freddo, la fame, l’apprendere ed il codificare il parlare ed il leggere, la scoperta dell’essere, la percezione dei sensi.

Leggi la pagina 21 di questo libro.