Le cose che non ho detto, di Azar Nafisi

‘Le cose che non ho detto’ raccoglie le memorie della scrittrice iraniana Azar Nafisi, a partire dall’infanzia a Teheran negli anni sessanta fino agli studi all’estero e al ritorno in Iran nel 1979, dove resterà per diciott’anni, insegnando letteratura all’Università. Nel 1997 Azar lascia definitivamente il suo paese per gli Stati Uniti.

Il libro ha incontrato il favore quasi generale del nutrito gruppo di lettori che ha poi discusso animatamente di contenuti, personaggi e stile, soffermandosi in particolare sulla figura della madre, che indiscutibilmente è il centro nevralgico dell’intero libro e forse anche della vita di Nafisi.

La storia si può considerare una autobiografia, inserita in ampi squarci di storia iraniana, non esaustiva del periodo indicato, rispetto alle vicende personali dell’autrice che a volte sono solo accennate, mentre l’attenzione principale è dedicata ai due genitori che sono di fatto i reali protagonisti.

Magnifici dominano nel racconto i ritratti del padre, sindaco di Teheran all’epoca dello scià, e della madre, tra le prime donne entrate al parlamento iraniano, collocati in un contesto che per noi occidentali non è facile da capire, ma che Nafisi tratteggia con abilità e puntualità, senza fermarsi alla società, alla storia, alle tradizioni, ma aprendosi spesso alla ricchissima cultura, alla letteratura iraniana e ai suoi grandi scrittori e poeti classici. Quella stessa cultura di cui grazie al padre si è nutrita lei stessa fin da bambina: la letteratura è stata “il mezzo per percepire il mondo, per stare al mondo”. Rispetto a questo padre amatissimo, adorato, la madre ci viene descritta quasi sempre come dispotica, autoritaria, dal carattere difficile, condizionata dalle fantasie e da un passato inventato con una ossessione che lo ha fatto per lei diventare reale; una madre per la quale Azar prova rabbia, rancore, perfino odio, in un conflitto che le vede aspramente contrapposte. Eppure… alla fine del libro comprendiamo il significato del titolo: le cose che non ho detto sono proprio quelle che Nafisi non è riuscita a dire alla madre, quelle che forse avrebbero consentito di recuperare un rapporto logorato ma che poteva essere salvato, e ci fanno comprendere dunque il senso di colpa, il rimorso che la scrittrice prova ora che la madre è morta, ed è tardi per ricostruire un legame perduto.

Nelle ultime pagine si fa strada finalmente il sentimento di amore filiale che Azar non ha potuto assaporare per l’intera vita… anche per i propri errori, i propri silenzi, le parole non dette, aspettando che fosse la madre a fare il primo passo. Per molti lettori sono le pagine migliori, le più sincere, e portatrici di una lezione importante da tener presente: può bastare una parola per ricucire strappi enormi.

E così questa madre che ci è risultata odiosa per quasi tutta la vicenda, una specie di “bomba che quando passava tutti speravano che scoppiasse da un’altra parte”, alla fine si presenta a noi come una donna per la quale proviamo forte compassione, per tutto ciò che le è stato rubato come persona, per le sue aspirazioni umiliate, per la sua “oscura capacità d’ali” frustrata e ignorata.

Tutto questo ci viene raccontato da Nafisi con uno stile asciutto, quasi saggistico a volte, e per questo poco apprezzato da alcuni che lo definiscono anche piatto, mentre per altri lettori sta proprio in questo saper mirare al nucleo essenziale la grandezza dell’autrice.

Il racconto della vita politica iraniana, seppur con significativi distinguo, ha fatto pensare a tanti parallelismi possibili con la storia politica italiana tra corruzione, tradimenti, lotte per il potere e misteri mai risolti.

Leggi la pagina 21 di questo libro.

Eureka street, di Robert McLiam Wilson

‘Eureka street’ è un romanzo corale, umoristico e insieme commovente, che ritrae la vita quotidiana di una città dilaniata dalla guerra civile. Siamo a Belfast, Irlanda del Nord, 1994. In una città ridotta a un campo di battaglia, Chuckie e Jake, protestante il primo, cattolico l’altro, sono legati da profonda amicizia. Chuckie, antieroe grasso e sempliciotto, riesce a compiere mirabolanti imprese commerciali grazie a progetti tanto ingegnosi quanto bizzarri. Jake, nonostante la sua scorza da duro, ha un’anima romantica e non cerca denaro e ricchezza ma un amore che gli riempia la vita. Intorno a loro si muove uno sgangherato gruppo di amici e sullo sfondo i conflitti irrisolti del paese, che balzano brutalmente in primo piano quando un attentato sconvolge l’atmosfera farsesca che domina il racconto.

Lo humour insieme al desiderio di vivere ad ogni costo una vita normale anche in mezzo alle bombe rappresentano le chiavi con cui McLiam Wilson, nato in Irlanda del Nord nel 1964, ha saputo leggere ed esorcizzare almeno in parte l’universo tenebroso e violento in cui è cresciuto.

In una Belfast cupa e ammalata di odio e vendetta, la popolazione continua a occuparsi delle proprie faccende quotidiane “normalmente”, considerando gli effetti del conflitto politico e paramilitare che è in corso allo stesso modo dei problemi legati al traffico o al maltempo. L’autore racconta con sensibilità questa “vita malgrado tutto”, ad ogni costo, e fa emergere l’indomabile bellezza dal quotidiano, dal semplicemente umano.

Tutto il romanzo è attraversato da uno stile arguto ed amaro insieme e lo sguardo ironico dell’autore fa emergere il lato comico della vita facendoci affezionare a questi personaggi un po’ sciocchi ma così umani.

Il romanzo è popolato da una moltitudine di personaggi e questa coralità non è stata apprezzata da tutti i lettori perchè i personaggi, tratteggiati con leggerezza, non rimangono particolarmente impressi e in alcuni casi sembrano quasi macchiette grottesche.

La vera protagonista, descritta tra luci e ombre, è la città di Belfast: tutto nel romanzo ruota intorno alla città, con le sue contraddizioni e il suo fascino più volte esaltato in pagine ispirate e liriche. Tutti i personaggi vorrebbero andarsene, ma tutti restano; tutti sono condizionati in ogni loro pensiero e azione dalla città.

Lo snodo centrale del romanzo è il racconto crudo e potente dell’attentato, dove la guerra e la violenza entrano prepotentemente nelle vite delle persone. Sono pagine intense ed è molto toccante il racconto della vita di ogni vittima, proprio a sottolineare che, al di là dei numeri, ogni storia è importante e merita di essere raccontata. Dall’attentato in poi, la situazione politica e il contesto diventano sempre più centrali, e il romanzo sale di intensità, permettendo di stringere un rapporto più profondo e umano con i personaggi.

I toni così diversi, il contrato tra stili e i salti improvvisi da pagine comiche e goliardiche a pagine drammatiche o liriche all’inizio ha un po’ disorientato i lettori che non riuscivano a farsi un’idea precisa della storia e non riuscivano a rimanerne coinvolti. Ma proseguendo, quasi tutti sono stati conquistati: dalla scorrevolezza, dalle vite sgangherate di questi trentenni precari, dalla loro amicizia, dal romanticismo di Jake, dal ritratto dell’Irlanda del Nord con usi e costumi così caratteristici. Inoltre la lettura ha permesso di approfondire un pezzo di storia da conoscere, come un invito a fare memoria.

In un contesto così polarizzato i personaggi principali vivono l’amicizia al di là della divisione tra cattolici e protestanti. È molto chiara la posizione pacifista dell’autore che non risparmia prese in giro alle questioni politiche, descrivendo come stupidi e arroganti i fanatici di entrambe le fazioni e condannando ogni forma di violenza, senza sfumature, con l’idea che solo chi è privo di intelligenza e empatia può compiere atti terroristici. Non tutti i lettori hanno apprezzato questo punto di vista che sembra appiattire le due posizioni senza indagare le ragioni e le motivazioni della lotta tra cattolici e protestanti, unionisti e repubblicani.

La figura di Jake, romantico e malinconico, rispecchia quasi completamente l’autore stesso con cui condivide le origini umili, la vita per strada, la famiglia adottiva, l’infanzia passata tra bombe e violenza, l’animo sensibile e poetico e il cuore tenero. Il finale riconciliante soddisfa tutti e fa di questo romanzo una bella lettura, pur senza essere memorabile.

Leggi la pagina 21 di questo libro.