L’eroe discreto di Mario Vargas Llosa (Giovedì 12 gennaio 2023)

Questo romanzo ci restituisce uno spaccato del Perù e ci fa conoscere modi, abitudini, cibi e bevande del paese, dove convivono tradizione e modernità, lusso ed estrema povertà, business e magia. Già questa capacità di trasportarci in un esotico scenario e di farci viaggiare dall’altra parte del mondo è stata molto gradita. Ma non è stato il solo aspetto apprezzato, perchè la maggior parte delle lettrici ha trovato questo romanzo una lettura molto gradevole e scorrevole, coinvolgente e a tratti intrigante. L’eroe discreto è un romanzo caleidoscopico: avvincente come un giallo, è al tempo stesso una commedia tenera e aspra, con venature di dramma esistenziale e con tocchi di umorismo. Vargas Llosa è bravissimo nell’inscenare sorprese, sospensioni, colpi di scena: alla fine di ogni capitolo cresce l’appetito per quello che viene dopo. Lo stile è talvolta minuziosamente descrittivo, talaltra scoppiettante di dialoghi. Tutto il romanzo è abitato da nervature enigmatiche di misteri, allusioni magiche, strane visioni che non si sa quanto siano vere. Siamo nel riconoscibile e affascinate brodo narrativo sudamericano, dove il realismo viene sempre sfidato dall’inquietudine del magico e dove i cibi, la sensualità, le passioni belle e quelle torve si mescolano in un impasto umano caldo, sudato, sensibile

I temi cari allo scrittore vincitore di un Nobel ci sono tutti: l’erotismo, le virtù civilizzatrici della letteratura e dell’arte, i pregiudizi razziali, il divario sociale, il devastante sensazionalismo dei mass media, il valore della tradizione, ma soprattutto il difficile rapporto genitori-figli, che rappresenta il filo conduttore di tutta la storia, o meglio delle due storie. In effetti si tratta di due vicende che procedono, alternate e parallele, una nella sonnacchiosa cittadina provinciale di Piura, l’altra nella caotica Lima, e solo alla fine confluiscono in un incrocio inatteso e sorprendente.

Felicito è l’eroe discreto del titolo, poiché a lui è dedicato maggiore spazio e sembra essere quello che rischia di più, ma anche Rigoberto si delinea come figura dignitosa e pienamente rispondente a quei valori di civiltà in cui Llosa crede fermamente. Seguiamo i due protagonisti – due uomini onesti che desiderano vite tranquille, lontane dall’attenzione pubblica e dal volgare chiacchiericcio mediatico: due eroi discreti che cercano disperatamente di uscire da una situazione degenerata che ha sconvolto le loro esistenze. Ma a ogni angolo sembrano aprirsi sempre nuovi corridoi, sotterranei, svolte su svolte che peggiorano la faccenda. “La vita era quello: un labirinto che, qualunque cosa facessi, ti portava ineluttabilmente nelle grinfie del Minotauro?”, si chiede Rigoberto. Alla fine, l’unica certezza è che la vita è così, bisogna imparare ad accettarla come viene con una buona dose di fatalismo, ma bisogna anche credere nei buoni valori che prima o poi trionferanno, dal momento che seguire i propri princìpi può portare, almeno qualche volta, a un esito pieno di ottimismo e di speranza. Il che, come messaggio finale, risulta essere piuttosto debole e un tantino melenso.

Le due storie hanno in comune la lotta contro l’arroganza e la difesa dei sani principi, ma anche il difficile rapporto genitori-figli con deviazioni verso l’ingratitudine.

La scrittura dell’autore è un misto di leggerezza e humour, sensualità e analisi psicologica; ogni capitolo è al proprio interno montato mediante incastri complessi, con salti di tempo e dialoghi alternati, ma soprattutto una autentica gioia e piacere nello scrivere che contagiano il lettore. È questa forza narrativa che arricchisce ognuna delle due storie di personaggi, retroscena, flashback, colpi di scena che si accumulano, tanto che alla fine diversi lettori si sono detti che Llosa avrebbe benissimo potuto scrivere due libri anziché uno, anche perché l’intreccio escogitato per legare le due vicende appare poco convincente e tardivo. A sostegno di questa interpretazione si aggiungono vari elementi rimasti ambigui, non conclusi, come l’esistenza di Esmeraldo Torres o la figura di Mabel o Gertrudis… tanti ingredienti, forse troppi per un libro solo, ma segno anche della generosità dell’autore. Per alcune lettrici proprio le figure femminili risultano penalizzate dallo sguardodell’autore che tratteggia dei personaggi non molto profondi, caratterizzati più dal ruolo che rappresentano in funzione degli uomini che da una vera e propria psicologia e identità (es. la sensuale amante, la procace segretaria, la rivoltante moglie, la fidata veggente, la complice moglie).

Oltre al tema di forte valenza etica incarnato dai due protagonisti che perseguono l’onestà, la fedeltà ai principi, la rettitudine, la legalità attraverso scelte concrete, il principale tema del romanzo è l’aspro conflitto generazionale, che vede l’autore schierato apertamente a favore dei padri: i figli di questo libro sono detestabili, feroci e criminali, o vili, falsi e sbiaditi, oppure inquietanti e ambigui come Fonchito. Forse Llosa ha voluto assegnare ai “figli” un significato metaforico, a rappresentare i tempi nuovi senza più regole, senza dogmi, senza limiti; i “padri” sono invece i tempi vecchi, piccoli, storti e malfatti, ma con il timone dritto dei valori. Anche se qualche ombra di ambiguità si allunga anche su Felicito, talmente fedele ai propri valori da risultare rigido, spietato e disumano nella decisione finale nei confronti di chi l’ha tradito o nel sacrificare chi ama pur di non cedere ai ricatti.