Fuori fuoco di Chiara Carminati

Il consueto incontro mensile di discussione del nostro gruppo ha coinciso con quello promosso dai giovani lettori di Avamposto Fuorilegge Bookworms con la scrittrice Chiara Carminati: una bella occasione per sottolineare come la lettura possa diventare terreno di condivisione tra generazioni diverse, ma anche per ribadire, come dice Aidan Chambers, che “i romanzi per ragazzi sono quelli come gli altri ma con un ragazzo come protagonista”, e dunque l’etichetta “letteratura per ragazzi” è davvero riduttiva. Di sicuro ci sono libri come Fuori fuoco che vanno ben oltre questa definizione.

Il libro è ambientato durante la Prima Guerra Mondiale e narra la storia delle sorelle Jole e Mafalda che, dopo essere tornate in Italia a Martignacco perché cacciate dall’Austria, sono costrette a trasferirsi a Udine quando la loro mamma viene arrestata con l’accusa di essere filo austriaca per aver rifiutato la corte di un soldato. A Udine Jole e Mafalda trovano la zia Adele, una levatrice cieca, vecchia amica di famiglia, che apre loro la porta di casa e il cuore. Grazie ad Adele scoprono le origini e i segreti della loro famiglia, e proprio per conoscere la misteriosa nonna Natalia si rimetteranno in viaggio verso Grado. Il libro raggiunge il climax quando viene narrata la disfatta di Caporetto con passaggi che descrivono crudamente la confusione, la paura, il caos e il drammatico movimento dei profughi in fuga dagli austriaci che avanzavano. La vicenda si conclude in modo lieto con la fine della guerra, il ritorno della madre, la riunificazione delle donne della famiglia e la maturazione da bambina a donna di Jolanda che al termine del libro ha scoperto l’amore, l’importanza delle relazioni e un mestiere.

I giovani lettori Bookworms hanno sapientemente preparato e gestito il confronto con la scrittrice, dando vita a un brillante dialogo ricco di osservazioni, a partire dall’originale scelta stilistica che contraddistingue l’opera: il racconto è accompagnato da fotografie… grigie, ma con dettagliata didascalia che illustra ciò che il lettore dovrebbe vedere. La scrittrice ha raccontato che, mentre parecchi lettori adulti hanno lamentato un difetto di stampa nella loro copia, andando addirittura in libreria a farsela cambiare, nessun lettore adolescente si è stupito di questa stranezza, nel senso che ne ha compreso facilmente il senso, a partire dal titolo Fuori fuoco: innanzitutto il senso letterale, poiché il romanzo vuole raccontarci cosa succede oltre il fuoco, sullo sfondo, là dove nessuno si prende il disturbo di andare a guardare. Poi si intende il fuori fuoco rispetto alla cosiddetta Storia con la esse maiuscola, vale a dire la storia delle minime vicende individuali. Infine essere fuori fuoco diventa anche un’opportunità per narrare e dare visibilità a quelle esistenze alternative che si creano proprio là dove nessuno guarda perché impegnato a mettere a fuoco qualcos’altro.

L’espediente delle fotografie sfuocate dunque, oltre che stilisticamente efficace, ci rimanda a una sorta di narratore onnisciente che gradualmente diventa più importante, tanto che l’epilogo stesso ci viene narrato dalla didascalia dell’ultima foto. La successione delle tredici fotografie diventa per il lettore una sorta di guida capace di fargli “vedere” ciò che la voce narrante di Jole sta descrivendo.

Una curiosità dei giovani lettori riguardava la struttura narrativa e il “montaggio” dei diversi dettagli: la scrittrice ha risposto dicendo che alcuni di essi le sono stati suggeriti dalla storia stessa, man mano che la stendeva, altri invece sono stati inseriti a posteriori, a libro ultimato, come l’indizio anticipatore della decisione di Jole di diventare ostetrica, aggiunto all’inizio del volume. Molto interessante e del tutto vero è invece l’aneddoto relativo ai nomi di Jole e Mafalda mutuati da quelli delle due principesse regali, e al riconoscimento di una tale devozione da parte della regina.

Alla domanda se ritiene il suo un libro “femminista”, Chiara ha risposto con decisione di no (anche se il retro di copertina reca la frase sulle guerre fatte dagli uomini ma perse dalle donne), poiché il fulcro del suo romanzo è sulle vite di tutte quelle persone, uomini, donne, bambini, che la Storia dimentica ingiustamente.

E il racconto scritto al passato è dovuto al fatto che l’autrice immagina che la narratrice Jole racconti dal futuro, un futuro più o meno prossimo, nel quale si è già compiuta la sua scelta di diventare ostetrica, e guardi a ritroso ricostruendo l’intera vicenda.

Molti elogi ha raccolto da parte dei lettori la forma espressiva, che è scorrevole, accattivante, e accuratissima, punteggiata da figure retoriche come metafore, similitudini, ma anche figure di suono (come l’allitterazione del titolo Fuori fuoco), che svelano l’anima poetica dell’autrice: lei stessa ha ammesso infatti di scrivere molto lentamente, calibrando quasi ogni parola, come quando scrive poesie: è la “maledizione” dell’essere poeta. Le descrizioni e le immagini sono vivide e personali, ricche di similitudini delicate e deliziose che fanno parte del mondo delle protagoniste: “intrecciate come gambi di cipolle”, “appese una all’altra come piante di fagioli”, “dense di gioia come la panna che affiora sul latte appena munto”.

Alla domanda sul personaggio da lei preferito, l’autrice ha risposto che le riesce più semplice parlare del personaggio che più le è riuscito e l’ha convinta: la piccola Mafalda. E su questo concordano quasi tutti, osservando che le parole di Mafalda spesso contengono messaggi fondamentali, ad esempio quando Don Andrea è costretto a fare un discorso patriottico lodando chi muore per la patria durante la messa e Mafalda nota che “Oggi le parole non gli stanno bene in bocca”. Oppure quando l’autrice vuole rimarcare la sua ferma condanna della guerra e della sua inutilità e descrive la scena in cui un soldato austriaco trova rifugio temporaneo in un capanno con Jolanda e Mafalda: ebbene quest’ ultima osserva che la “bestia tedesca” assomigliava molto alle “bestie italiane”.

Lasciando spazio ai giovani lettori, il gruppo Pagina 21 si è limitato, attraverso l’intervento di Mirco, ad esprimere apprezzamento per il libro e a chiedere provocatoriamente qual è l’ingrediente segreto per scrivere un libro perfetto come questo. La risposta è stata che non esiste, o forse sta nel fatto che quelle narrate sono storie vere e il romanzo pulsa di vita vera.

Gli aspetti maggiormente apprezzati da tutti sono stati la splendida storia, dove sullo sfondo della guerra aderisce una vicenda famigliare ricca di umanità e dolcezza in cui vengono toccati tanti temi: amore, amicizia, coraggio, simpatia, solidarietà ma anche malinconia, cattiveria, egoismo, il tutto condito dal sottile ma potente filo di speranza tipico dei ragazzi. È proprio impossibile resistere alle nostre protagoniste, donne indipendenti, energiche, forti, appassionate e appassionanti, capaci di cavarsela anche nelle situazioni più drammatiche senza autocommiserarsi, senza perdere la speranza, la tenerezza, la solidarietà. Fuori fuoco è un romanzo breve, che si legge in poche ore e lascia al lettore un bellissimo messaggio di coraggio: in qualsiasi periodo, anche con i peggiori sconvolgimenti di guerre (o pandemie) si può costruire qualcosa di buono e d’importante anche muovendosi tra macerie.

Riconoscendo l’importanza dei piccoli dettagli che colorano e rendono vivo e palpabile questo romanzo, il gruppo Bookworms ha preparato una piccola e toccante sorpresa per ringraziare Chiara Carminati della disponibilità: un’originale scatola di latta dei biscotti Delser (di Martignacco) in dono, proprio la stessa da cui Jole e Mafalda non si separano mai.

Leggi la pagina 21 di questo libro.

Quella sera dorata di Peter Cameron

“Perché ci eccita tanto viaggiare, andare lontano? Per quello che ci lasciamo alle spalle o per quello che troviamo”? Questo romanzo ci ha permesso di viaggiare tra continenti, vivendo insieme al protagonista l’emozione e la curiosità verso l’ignoto, verso incontri inaspettati che possono modificare il nostro mondo interiore, innescare una svolta decisiva e farci trovare il nostro posto nel mondo.

La vicenda è ambientata in Uruguay dove i paesaggi rigogliosi e selvatici, il silenzio e la luce dorata infondono al romanzo un’atmosfera esotica e magica. Tra scene campestri, immerse nella natura fitta e rigogliosa e scene in interni, descritti con dovizia di particolari, scopriamo la storia e gli affetti complicati della famiglia Gund che vive in una Ochos Rios fuori dal tempo, avulsa dal mondo esterno.

I lettori hanno in gran parte apprezzato questo romanzo dalla trama semplice e lineare, arricchita però da una prosa melodiosa e rassicurante, ritmata da dialoghi arguti e brillanti. Per alcuni lettori invece in questo romanzo manca l’approfondimento psicologico e la verosimiglianza ambientale, tanto da rimanere quindi una lettura piacevole, lieve ma un po’ troppo patinata e superficiale.

La narrazione si svolge similmente al modo in cui scene diverse si alternano all’interno di una commedia teatrale agrodolce sui sentimenti e sulle relazioni interpersonali, facendoci quasi percepire i pochi, ma significativi cambi di scenografia: dalla dimora in stile bavarese completamente estraniata dall’Uruguay, a un lago artificiale in cui giace abbandonata una gondola veneziana… È tutto abbastanza artificioso, da non prendere per verosimile. Ironico, sognante e dall’andamento teatrale in questo libro sono i continui dialoghi di botta e risposta, a rivelare gradualmente le personalità di ogni personaggio, le loro storie e relazioni.

Il romanzo ci racconta del viaggio di Omar, un giovane e insicuro ricercatore iraniano dell’Università del Kansas al quale viene affidato il compito di scrivere una biografia su Jules Gund, uno scrittore di origine tedesca morto suicida dopo il successo del suo unico romanzo “La gondola”, che ha vissuto gran parte della sua vita in Uruguay. Omar, spinto da Deirdre (fidanzata più portata all’agire che alla riflessione) lascia il Kansas per l’Uruguay per ottenere l’autorizzazione a scrivere la biografia dagli eredi di Jules, tre personalità molto singolari e stravaganti: Caroline Gund, moglie di Jules, pittrice scontrosa dai modi sofisticati; Arden Langdon, amante di Jules con cui ha avuto una figlia, Porzia; Adam Gund, anziano fratello di Jules e uomo affascinante con doti da manipolatore che vive con il giovane Pete. L’accoglienza, grazie anche alla disarmante e garbata inadeguatezza di Omar di fronte alle complicazioni materiali e immateriali, è buona e innescherà una serie di cambiamenti nei rapporti tra i vari personaggi, scuotendo le atmosfere stantie della vita della famiglia.

Proprio la natura delle relazioni tra i personaggi è il tema che ha acceso il confronto più interessante tra i lettori. Parecchi hanno apprezzato la figura di Omar, che nelle prime pagine si mostra come un ragazzo arguto, dotato di talento ma al contempo insicuro e poco lungimirante, vittima di una fidanzata che lo accudisce e lo rimprovera proprio per la sua insicurezza. È un ragazzo un po’ sognante, che non si preoccupa di analizzare nel profondo ciò che vede, ne sono esempio la leggerezza nel trattare con l’università o il fatto di non avere una residenza stabile, ospite nella camera degli ospiti di un’amica. Lo seguiamo con tenerezza proprio per la sua sprovvedutezza: un ragazzo nato in Persia, emigrato con la famiglia in Canada, poi in Kansas per gli studi e catapultato infine dal Kansas in Uruguay, che entra nella famiglia Gund in punta di piedi, del tutto ignaro delle conseguenze che determinerà. Il giovane si inserisce infatti inconsapevolmente nei delicati equilibri famigliari scardinandoli dall’interno e l’onda che provoca porterà ognuno a decidere diversamente della propria vita, seguendo il sogno d’una felicità che sembrava non essere più possibile e abbandonando l’apatia da cui derivava ogni infelicità che, come cita lo stesso autore in capo al libro, “non può durare”.

Con la storia di Omar l’autore ci vuol mostrare come sia possibile cambiare vita anche quando tutto sembra indirizzato verso una meta precisa, spingendo a chiederci se siamo realmente felici, domanda che più volte riecheggia nei dialoghi: Sei felice? con la conseguente difficoltà nella risposta.  Non tutto è quello che sembra, non è detto che per vivere al meglio la propria vita basti seguire la razionalità o il comportamento conforme alle aspettative delle altre persone. Omar, lontano dalla routine della quotidianità, naviga a vista fino al confine col mondo pericoloso ma anelato delle emozioni, sbloccando l’anacronismo asfissiante dei Gund e il loro tempo involto nelle maglie del passato. Di fatto la decisione di Omar di trasferirsi in Uruguay e vivere con Arden, sarà una rivelazione, un riscatto, la sua destinazione finale (“The city of your final destination”, come recita il titolo in originale).

Oltre alla tenera e spontanea relazione tra Omar e Arden, il rapporto più toccante e genuino è parso quello tra Adam e Pete, una storia dove l‘amore prende la forma dell’altruismo.

Unanime antipatia dei lettori, invece, verso la figura di Deirdre, ragazza ambiziosa e determinata che, arrivata in Uruguay, prende subito le redini della situazione, sovrapponendosi a Omar e cercando di ottenere con irruenza la tanto desiderata autorizzazione alla biografia di Jules.

Dal romanzo infine è stato tratto un film di James Ivory, regista raffinato dall’impeccabile gusto per la teatralizzazione del sociale e per le atmosfere rarefatte. Nel film il personaggio che si staglia su tutti gli altri è proprio Adam Gund, malinconico e al contempo provocatorio e sferzante, interpretato dal grande Anthony Hopkins.

Leggi la pagina 21 di questo libro.