La vita accanto di Mariapia Veladiano

È la storia di Rebecca, una bambina straordinariamente brutta, rifiutata dalla madre e dal mondo, che tuttavia troverà un suo “posto” nella vita, con l’aiuto di alcune buone amicizie e della musica. Il libro è piaciuto molto alla maggioranza del gruppo, che ha apprezzato questo romanzo al femminile ricco di intensi personaggi come l’amica Lucilla o la maestra Albertina, ma in particolare costruito attorno a Rebecca, che racconta in prima persona la sua storia in una sorta di diario, a distanza di anni dalle vicende accadute.Diversi lettori hanno colto gli spunti autobiografici riferiti al contesto in cui si svolge la storia: la ricca e ipocrita città di Vicenza con il suo fangoso fiume pieno di innominabili segreti sepolti nella melma. In questo quadro, ma soprattutto all’interno di una famiglia che tale non è mai stata, Rebecca paga la sua diversità attraversando l’inferno di una vita marginale (accanto a quella “normale“ degli altri), spesso descritta attraverso metafore che la teologa Veladiano predilige. La stessa Rebecca può essere interpretata come simbolo delle colpe del padre, il personaggio più negativo, inetto, vile. I temi toccati in questo breve ma densissimo libro, sono molteplici: diversità e pregiudizio, famiglia, amicizia, bullismo, verità e apparenza, malattia mentale, rapporto genitori figli… . Ma il tema dominante riguarda la forza di Rebecca e la sua capacità di riscatto che si realizza anche attraverso la musica, sua grande passione e luogo di pace, mezzo di comunicazione, e salvezza da un mondo ostile. Alcuni lettori hanno espresso il loro disagio nei confronti della protagonista e della sua calma rassegnazione, trovando inspiegabile l’accettazione di tanta crudeltà senza nemmeno l’ombra di una reazione, di una ribellione, in un’atmosfera un po’ sospesa, quasi da favola, non realistica: si deve però valutare che il racconto parte dalla fine, dopo aver lasciato passare tempo per sedimentare le esperienze terribili vissute che, in retrospettiva, appaiono più lontane, assorbite, superate. Anche del suo riscatto alcuni lettori sono dubbiosi e vedono piuttosto una piatta solitudine, una vita senza relazioni, senza una vera realizzazione. Per altri invece il messaggio che ci giunge è positivo: Rebecca in fondo ce l’ha fatta, nonostante tutto, nonostante il nido di vipere che è stata la sua famiglia e il contesto atroce in cui è nata, è riuscita a costruirsi la sua vita (accanto a quella degli altri, ma pur sempre vita), fatta di poche buone relazioni e di musica. Ed è vero che non cova rabbia o rancore e neppure odio, perché “L’odio è per chi non capisce”, dice, e lei in fondo ha capito, ha dato risposte a tutti gli enigmi e alle sofferenze dell’infanzia e dell’adolescenza.

Leggi la pagina 21 di questo libro.

Via delle Oche di Carlo Lucarelli

Il commissario De Luca, il personaggio inventato da Lucarelli, è impegnato in questo libro nella sua terza avventura dopo Carta bianca e L’estate torbida ( seguono altri due romanzi: Intrigo italiano e Peccato mortale appena uscito). La prima osservazione che il gruppo ha condiviso è in realtà una nota di perplessità rispetto a un giallo che… ha molto poco del giallo! Infatti Lucarelli ammette di essere esperto e appassionato di storia della polizia fascista, e avrebbe dovuto addirittura laurearsi con una tesi su quell’argomento. In effetti ciò che più interessa Lucarelli è lo sfondo storico che fa da cornice alla vicenda abbastanza scontata e anche prevedibile nel finale: le parti migliori sono proprio quelle in cui il lettore, anche attraverso citazioni puntuali dai giornali d’epoca, si cala direttamente nella Bologna da poco uscita dal fascismo e dalla Liberazione. Il commissario De Luca si delinea più nettamente in questo libro, con i suoi tratti distintivi, le sue ossessioni, la sua pretesa neutralità rispetto al contesto politico incandescente in cui deve operare, e la sua ricerca senza fine della verità, che è l’unico obiettivo a interessargli, come se in lui si potessero scindere l’uomo e il poliziotto. Alcuni lettori del gruppo – che avevano partecipato la settimana precedente alla presentazione di Peccato mortale in Sala del Consiglio – hanno raccontato brevemente la serata, confermando le doti di grande affabulatore (anche televisivo!) che Lucarelli possiede. E tra l’altro hanno avuto la conferma, per sua stessa dichiarazione, che quando scrive una storia gialla, discostandosi dalla regola canonica che vorrebbe che l’autore avesse fin dall’inizio in mente l’epilogo, si lascia invece guidare dai personaggi stessi che gli ispirano la trama… e perciò non sa mai chi è l’assassino e come si concluderà la vicenda.

Leggi la pagina 21 di questo libro.

Olive Kitteridge di Elizabeth Strout

In un angolo del continente nordamericano c’è Crosby, nel Maine: un luogo qualunque che, grazie alla sottile lama dello sguardo della Strout, diviene lo specchio di un mondo più ampio. In questo piccolo villaggio affacciato sull’oceano c’è una donna che regge i fili della storie e delle vite di tutti i suoi concittadini. È Olive Kitteridge, un’insegnante in pensione che, con implacabile e disarmante onestà osserva i segni del tempo moltiplicarsi intorno a lei. Un romanzo dalla struttura originale e complessa: 13 racconti che si incastrano tra loro, col personaggio di Olive a fare da collante. Storie intime, di vite banali e persone comuni in cui improvvisamente la piatta tranquillità si squarcia rivelando pulsioni violente, passioni, dolori e fallimenti. L’impianto del libro dimostra una indubbia maestria dell’autrice che con quest’opera ha vinto il premio Pulitzer nel 2009.Il personaggio di Olive, presenza costante di tutti i racconti, si rivela piano piano attraverso lo sguardo e le parole dei suoi concittadini. Ne emerge un personaggio sfaccettato e imprevedibile, per molti versi sgradevole e di difficile comprensione: burbera, bisbetica, sarcastica, arrogante,  caustica, tormentata, vendicativa, invadente, secondo le parole di alcuni lettori.È stata sicuramente coraggiosa la scelta dell’autrice di far ruotare tutte le storie attorno a una donna tanto complessa e respingente che ci costringe a guardare gli aspetti negativi delle persone e di noi stessi, le piccole meschinità, gli egoismi, i pregiudizi, i rancori mai sopiti, le frustrazioni e delusioni e rimpianti della vita.I lettori si sono divisi sul gradimento di lettura: per alcune lettrici il libro è bellissimo, scritto magistralmente, con incastri perfetti, ricco di spunti di riflessione; queste lettrici entusiaste sono riuscite ad amare Olive nella sua imperfetta ma ricca umanità e vitalità. È stata molto apprezzata la capacità dell’autrice di affondare improvvisamente nel profondo e precipitare in poche righe da una narrazione piana e ordinata a un vortice di complesse pulsioni.Per molti lettori invece la lettura ha rappresentato una sfida difficile: il grigiore, la tristezza delle storie narrate e dei personaggi, l’esito spesso cupo degli episodi, la ricorrenza di temi angoscianti (morte, malattie, separazioni, solitudini, depressioni, suicidi) l’ambiente di provincia appiattito e apatico hanno messo a dura prova la resistenza di molti. Il libro appare un viaggio nel dolore: Olive è una donna ormai anziana che sente l’avvicinarsi della morte e si volta indietro con molti rimpianti. Il finale addolcisce un po’ la cupezza e la drammaticità, ma per alcuni pare poco plausibile e un po’ troppo consolatorio immaginare Olive finalmente grata e felice accanto a un nuovo affetto.Anche la complessità della struttura ha affaticato i lettori per la mancanza di una linea narrativa e di un vero e proprio protagonista; i continui salti temporali, la tendenza a introdurre il lettore già a metà del racconto con l’intento di disorientarlo, per poi costringerlo a ritornare indietro e a collegare i pezzi del puzzle è risultata stancante. In alcuni punti infatti si rischia di perdere il filo, di non raccapezzarsi tra gli episodi, apparentemente scollegati tra loro, e i vari personaggi che a volte compaiono solo per poche pagine e poi scivolano via. Il libro forse richiede un approccio più impegnato rispetto a una semplice lettura e qualche lettore si è infatti ripromesso di riaffrontare il libro per rintracciare le connessioni nascoste e i temi ricorrenti. Per una lettrice il romanzo ha richiamato la struttura di Candido di Voltaire: un personaggio che ci conduce alla ricerca dei mali della condizione umana del mondo per trovare delle risposte filosofiche.

Leggi la pagina 21 di questo libro.