Balzac e la Piccola Sarta cinese di Dai Sijie (Giovedì 2 marzo 2023 )

L’autore ci trasporta in un mondo lontano, geograficamente e storicamente, mantenendo un tono delicato e lieve, che riesce a divertire e intenerire anche nei momenti più crudi e nelle situazioni drammatiche. Questo breve romanzo di Dai Sijie è stato apprezzato dal gruppo, sia pure con riserva, soprattutto sul finale, e con la critica da parte di alcuni lettori che lo hanno ritenuto poco coinvolgente.

L’aspetto che ha colpito quasi tutti è la vicenda narrata, nel contesto di una Rivoluzione Culturale Cinese della quale tuttora si sa poco, e a quei tempi ancora meno: per chi era giovane e appassionato alle vicende politiche alla fine degli anni Sessanta questo libro è un colpo al cuore, poiché mette a nudo il vero volto del regime maoista e il vero senso della parola “rieducazione” su cui si basava la stessa rivoluzione culturale. In occidente non si immaginava certo che questo progetto consistesse, per i giovani intellettuali “borghesi”, nel lasciare forzatamente le famiglie, ritirarsi nei villaggi sulle montagne e ad essere “epurati” dalle dure comunità contadine. E a maggior ragione non si immaginava che l’epurazione consistesse nella cancellazione della stessa parola “cultura”, attraverso la proibizione ed eliminazione dei suoi strumenti, i libri.

La storia è lontana dal nostro presente, ma parla a ciascuno di noi, perché racconta di come la lettura, grazie alla magia di una misteriosa valigia di libri occidentali proibiti, riesca a salvare due ragazzi, colpevoli di essere figli di «sporchi borghesi», mantenendo in loro la speranza, l’amore e l’amicizia anche davanti a difficoltà. Così, pur vivendo in mezzo agli orrori della rieducazione, i due ragazzi e la Piccola Sarta scopriranno, in virtù di qualche pagina di Balzac, di Dumas, di Flaubert e di Kipling, che esiste un mondo fatto di pura, avventurosa bellezza, aiutando i ragazzi a resistere e spingendo la sarta a emanciparsi e attraversando, nel frattempo, loro stessi incredibili avventure.

Il libro è ispirato all’esperienza dell’autore stesso che, come i suoi giovani protagonisti, fu inviato in rieducazione fino al 1974, poi alla morte di Mao entrò all’Università dove studiò storia dell’arte e ottenne una borsa di studio in Francia: da allora vive e lavora a Parigi.

L’amicizia molto forte fra il narratore (del quale non viene detto il nome, lasciando sottintendere che si tratta di una proiezione dell’autore stesso) e il coprotagonista Luo fa pensare a una sottile dipendenza del primo nei confronti dell’amico, così come la delicatezza con cui racconta, senza giudizi, la storia d’amore fra Luo e la Piccola Sarta. I sentimenti che il narratore prova nei confronti della Piccola Sarta sono sempre velati e smorzati dalla sua dedizione all’amicizia, pur sfociando spesso in una sorta di devozione per la ragazzina. Ma una lettrice fa notare anche che la letteratura orientale si caratterizza per l’assenza di passionalità e la discrezione nel descrivere i sentimenti.

Il finale, dicevamo, ha lasciato vari lettori spiazzati: sembra che alla fine l’unica capace di lottare e di cercare la propria strada sia proprio la Piccola Sarta, che lontano dai sentimentalismi e mossa non poche volte da egoismo e mancanza di riconoscenza, ha saputo “assorbire” completamente il significato dei libri e il senso della letteratura (ben reso nel titolo stesso “Balzac e la Piccola Sarta cinese”), il valore della cultura come mezzo di emancipazione, e anche la potenza del suo essere donna in un mondo maschile e oppressivo. A questo allude secondo i lettori di Pagina 21 la frase finale sulla “bellezza della donna”.

Alla fine della discussione ci si è ritrovati concordi nel riconoscere che questo romanzo racconta sì una tragedia, ma lo sa fare con una leggerezza e un’ironia che rendono la lettura appassionante e piacevole. Sono stati individuati anche diversi legami con altre letture condivise, in primis “Fahrenheit 451” (basta pensare alla presenza del Fuoco distruttore a inizio e fine libro), e in generale con tutte le storie nelle quali emerge il potere salvifico dei libri e della cultura (la narrazione di mezzanotte che si protrae per nove notti richiama Sherazade…). Questo romanzo è un inno alla forza trascinante della parola libera, che si scopre nel momento in cui si viene privati della possibilità di conoscenza che solo i libri sanno dare.

 «Rimanemmo abbagliati. Io avevo l’impressione di venir meno, ero come in preda all’abbrezza. Tirai fuori i libri dalla valigia a uno a uno, li aprii, contemplai i ritratti degli autori, e li passai a Luo. Mi sembrava, a toccarli con la punta delle dita, che le mie mani, diventate pallide, fossero in contatto con delle vite umane».