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Lolita, di Vladimir Nabokov

Il gruppo ha affrontato questo classico del ‘900 con la consueta curiosità, cogliendo tanti aspetti interessanti e andando ben al di là dell’argomento scabroso e tabù della pedofilia. Sicuramente è stata una lettura impegnativa, a tratti faticosa, per la ricchezza e densità dello stile e per l’intensità tragica. Ma tutti i lettori ne sono rimasti affascinati, a volte confusi e e dubbiosi, a volte infastiditi e nauseati, ma rapiti anche solo per la bellezza di alcuni brani e per l’assoluta originalità.

In questo opera vengono scandagliati i terrificanti abissi della natura umana, che solo la passione più pura è capace di far emergere. Ma è anche la tragica descrizione dell’alienazione dell’essere umano: il protagonista del romanzo si realizza solo in una condizione di isolamento dal mondo, tenendo quasi prigioniera la sua giovane vittima nella gabbia di un’automobile o nei più squallidi motel degli Stati Uniti. Lolita, come ogni grande classico, è questo e molto altro. Ma Lolita è anche una storia d’amore. Struggente, dolorosa, definitiva. Mortale come solo il vero amore può essere.

Per molti la sensazione è stata quella di non aver mai letto nulla di simile, il romanzo ha sorpreso anche i lettori più navigati per la complessità dello stile e per l’originalità del punto di vista.

Per tutto il romanzo seguiamo ogni pensiero, sfumatura, fantasia di Humbert, un personaggio negativo, turpe. Eppure in qualche modo, in alcuni squarci, ci sembra quasi di capirlo, di provare pietà per lui e per il suo delirio passionale, per il suo amore-malattia. È un’esperienza unica che probabilmente nella vita non ci capiterà mai di fare: è come aver intrapreso un viaggio quasi insostenibile nella mente malata di un uomo contorto e oscuro. Questo, quindi, l’aspetto più apprezzato del romanzo, la capacità di renderci partecipi e coinvolgerci anche in una vicenda così scabrosa e con protagonisti così irritanti e ambigui. Il giudizio morale infatti su ogni personaggio che popola le pagine del romanzo è molto negativo: dal vanitoso e asfissiante Humbert, alla corrotta e capricciosa Lolita, dalla sciocca e superficiale Charlotte al turpe Gaston, fino al diabolico Quilty. E tra questi personaggi “mostruosi” sembra per di più strisciare una solidarietà compiacente verso i reciproci vizi e segreti.

Nabokov sembra voler esasperare la difficoltà del lettore, imbarcandosi in minuziose descrizioni sulle fantasie tormentate di un uomo di mezza età. Quella del professor Humbert è una visione distorta, patologica. Lolita è una giovane adolescente che nasconde le sue fragilità dietro una facciata capricciosa e sfrontata, ma il protagonista è accecato dalla sua stessa passione e non se ne rende conto. La venerazione e devozione dell’uomo arriva a un punto tale che i ruoli s’invertono: la vittima diventa carnefice. E in un tragico gioco delle parti, la debolezza di Humbert diventa la forza di Lolita. Lolita diventa sempre più aggressiva, sempre più disinibita. Ma allo stesso tempo, rinunciando a priori alla sua felicità, si rimpicciolisce ogni volta e torna ad essere sempre una bambina. Il personaggio di Lolita è descritto e raccontato da H. sotto la lente deformante del suo desiderio e della sua follia, solo in pochissime situazioni affiorano altri aspetti della ragazza: uno sguardo triste e perso, la Lolita invecchiata nell’incontro finale. Rimane la sensazione di una profonda solitudine di Lolita, che a partire dal rapporto freddo e problematico con la madre, sembra vivere con distacco ogni relazione umana.

Un lettore ha definito con entusiasmo il romanzo “aspro, crudele, durissimo” perchè pervaso di nichilismo, di personaggi cupi e individualisti. Per un lettore, il libro sembra essere stato scritto dal Diavolo in persona: scritto così bene da arrivare a farci comprendere un uomo ipocrita, cinico, vanesio come Humbert. Tutti i personaggi sono cattivi, spregiudicati ma sempre sinceri.

Naturalmente il tema disturbante e il punto di vista “malato” di H. hanno anche incontrato il fastidio e il rifiuto di alcuni lettori. Ad esempio, i tentativi di H. di trovare giustificazioni, di dipingere Lolita come una ninfetta seduttiva sono stati definiti intollerabili. Difficile, quasi impossibile, provare empatia per il personaggio di H. e per i suoi pensieri folli.

Ma la bravura di Nabokov sta anche nel riuscire a raccontare una storia scabrosa senza nessuna caduta di stile: l’ironia smorza i passaggi più insidiosi, e benché il tema trattato sia il sesso, non vi è una sola parola volgare. L’aspetto amorale della relazione tra un uomo adulto e una bambina non deve essere considerato il tema del romanzo: la sessualità è per H. la miccia che fa scatenare la follia. La sua mente è talmente fuori controllo e farneticante che arriviamo a dubitare della veridicità dei fatti raccontati, dell’esistenza reale di Quilty, che sembra quasi incarnare un alter ego di H., la colpa da cui cerca di fuggire inutilmente e di cui vuole liberarsi.

La forza della letteratura è proprio questa, farci amare amare un libro, anche se non si condividono il comportamento o i pensieri dei personaggi. Nabokov crea dei mondi, fa lavorare la fantasia del lettore, non si limita a narrare, non vuole trasmettere insegnamenti, né messaggi.

Ed è lo stesso Nabokov nella postfazione a spiegare perfettamente la sua idea di letteratura «Per me un’opera di narrativa esiste solo se mi procura quella che chiamerò francamente voluttà estetica, cioè il senso di essere in contatto in qualche modo, in qualche luogo, con altri stati dell’essere dove l’arte (curiosità, tenerezza, bontà, estasi) è la norma. Non ce ne sono molti di libri così. Gli altri sono pattume d’attualità o ciò che alcuni chiamano Letteratura delle Idee».

Per alcuni il linguaggio e lo stile così eccessivo, sofisticato, variopinto finisce per risultare troppo artefatto, eccessivo, quasi uno sfoggio presuntuoso di maestria tecnica. Rimane innegabile la perfezione e bellezza assoluta di alcuni passaggi, proprio a partire dal famosissimo incipit: “Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un breve viaggio di tre passi sul palato per andare a bussare, al terzo, contro i denti. Lo-li-ta. Era Lo, null’altro che Lo, al mattino, diritta nella sua statura di un metro e cinquantotto, con un calzino soltanto. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea punteggiata dei documenti. Ma nelle mie braccia fu sempre Lolita.”

Tutto il romanzo è costellato di magnifiche scene, le descrizioni di attimi di beatitudine: per Nabokov “i nervi”, “i punti segreti”, “le coordinate subliminali su cui si è orientata la trama del libro” sono racchiusi in alcune specifiche immagini, precisi attimi di grande intensità catturati dall’autore con una scrittura dilatata e feconda, capace di cristallizzare un istante nell’eternità. Ad esempio la magica scena di Lolita che gioca a tennis ci fa vivere la gioia assoluta di H. nell’osservarla e nel vivere con lei momenti di pura felicità, ad esorcizzare la morte, la vecchia, la solitudine.

Molto apprezzati anche i capitoli centrali del romanzo, con il viaggio on the road tra motel, distributori di benzina, spazi sconfinati e paesaggi splendenti, descritti magnificamente da Nabokov.

Leggi la pagina 21 di questo libro.