Ogni coincidenza ha un’anima di Fabio Stassi

Questo è il secondo di una trilogia che (per ora) Stassi ha dedicato a Vince Corso, “un tipo più sgualcito della sua giacca” che per campare si è inventato il mestiere di biblioterapeuta. Ex insegnante precario, colto ed appassionato lettore, un giorno ha scoperto le doti curative dei libri e così li prescrive ai suoi pazienti, quasi tutte donne, condividendo le loro sofferenze.

In questa storia Vince deve ricostruire la memoria spezzata di un vecchio malato di Alzheimer, attraverso alcune frasi che lui ripete ossessivamente e che forse rimandano a un libro. La sorella vorrebbe scoprire di quale libro si tratta per leggerlo al fratello, dandogli conforto. Vince all’inizio è riluttante, poi, incuriosito dalla storia di questo anziano che è stato uno straordinario linguista e grande lettore, ma anche dalla musicalità di quelle strane frasi, si mette al lavoro.

In “Ogni coincidenza ha un’anima” la passione per i libri si interseca con la vita reale e con temi sociali attuali ed importanti come l’intolleranza e il razzismo: forse è proprio questa ricchezza di spunti che ha convinto il gruppo di lettura, portandolo quasi all’unanimità ad esprimere un buon giudizio sul libro. Ci sono tantissime citazioni e consigli di lettura di scrittori di tutto il mondo (Manzoni, Kafka, Tolstoj, London, Carver, Soriano, Gorz…). Vi abbiamo ritrovato molti collegamenti con libri letti da Pagina 21 o consigliati da alcuni di noi, o semplicemente letti a scuola senza apprezzarli fino in fondo o capirli davvero. Solo una lettrice ha trovato un po’ pesanti le tante citazioni, quasi fosse un’opera saggistica.

La narrazione è elegante, poetica e ricca di cultura letteraria. Il racconto, lento e malinconico, segue le riflessioni del protagonista finchè, procedendo nella lettura, ci si rende conto che la trama gialla è secondaria, quasi un pretesto inserito in un romanzo particolare.

Secondo Stassi, così come per la filosofia orientale siamo fatti di tutto quello che mangiamo, che respiriamo e che pensiamo, noi siamo anche tutti i libri che leggiamo: siamo i libri che abbiamo sui comodini, quelli che accumuliamo, quelli che sottolineiamo e quelli che incastriamo negli scaffali di casa come a unire le tessere di un mosaico che alla fine conserva la nostra memoria.

E poi c’è un’altra riflessione nel libro, dice Vince: “Hai mai pensato che ogni libro contiene tutti i libri che ha letto il suo autore, e forse anche tutti quelli che hanno letto i suoi lettori? …Poichè non potremo leggere tutto, la letteratura si riassume ogni volta per intero nel romanzo che abbiamo in mano.”

Insomma una gran bella gratificazione. Ma in questo libro c’è ancora altro su cui meditare: c’è una interessante riflessione sulle parole, quelle brutte di chi fa campagna elettorale sulla pelle delle persone, e quelle belle, di chi per secoli ha raccontato il mondo ed ha contribuito a cambiarlo e a difenderlo.

Questo libro allora ha un potere enorme, ci fa sentire meno soli, proprio come Vince, che pare un uomo molto solitario, ma in realtà è un uomo che ha scelto poche accurate relazioni che bastano alla sua vita, e soprattutto si affida all’enorme potere medicamentoso dei libri.

Fabio Stassi ci dice in fondo che per realizzare davvero un pensiero e per difendere un ricordo, dobbiamo trasformarlo in una parola: più parole possediamo più sappiamo difenderci, dall’amnesia, dall’intolleranza, dall’odio.

Non a caso tutto il racconto è ambientato a Roma, in quello spazio caotico e di passaggio che va da Termini al Colosseo, in cui convivono Casa Pound e le comunità straniere, quel quartiere centralissimo, vivo eppure conflittuale.

Per chi ha amato questo libro, ricordiamo che il primo della trilogia è La lettrice scomparsa, e il terzo Uccido chi voglio.

Leggi la pagina 21 di questo libro.

La camera azzurra di Georges Simenon 

Un libro breve, un piccolo capolavoro, apprezzato da quasi tutti i lettori.

Già dalla prima pagina siamo dentro la storia, nella camera dell’hotel che da un anno accoglie gli incontri clandestini di Tony e Andrée; cogliamo subito dal loro dialogo come i due amanti vivano quel momento su due piani diversi e come questo potrà avere conseguenze oscure e minacciose. Ancora una volta, nel suo stile freddo, asciutto ed implacabile, Simenon ci racconta la storia di una passione vorace e devastante, che non arretra davanti a nulla, nemmeno davanti a un doppio delitto. Simenon mantiene la tensione fino alla fine grazie a una scrittura coinvolgente, ammaliante, ricca di descrizioni e paesaggi che rispecchiano l’interiorità dei personaggi.

Il lettore rimane invischiato in questa storia torbida grazie a una narrazione a spirale dove odio, amore e morte si confondono. L’autore costruisce un intreccio perfetto, che mantiene la tensione ai massimi livelli svelando solo alla fine le reali conseguenze delle azioni commesse. La storia non viene raccontata linearmente ma attraverso la sovrapposizione di piani temporali: c’è il momento in cui il fatto si svolge e poi c’è quello dei successivi interrogatori subiti dai protagonisti, costretti a chiarire tutti i particolari della propria esistenza.

La presentazione dei personaggi e delle situazioni viene quindi più volte ripercorsa, scoprendo sfaccettature diverse e solo alla fine, con un rovesciamento, forse scopriremo che cosa è successo.

Ma la verità è molto labile, non c’è una soluzione a tutti i nostri dubbi e molti punti rimangono sospesi. Molto intrigante l’approfondimento psicologico che ci fa scoprire le ambiguità e gli aspetti oscuri di ogni personaggio, le loro pulsioni manifeste o inconsce, e ci insinua il dubbio che tutti potrebbero essere colpevoli di omicidio.

Tony all’inizio appare come dominante ma emergerà sempre più la sua debolezza, la sua rinuncia a difendersi come se fosse rimasto ammaliato, stregato quasi soggiogato dall’amante, che anche nel momento più tragico in tribunale appare ai suoi occhi attraente e sensuale.

Il protagonista appare come un uomo “povero”, debole e passivo, non consapevole delle implicazioni profonde e pericolose della sua relazione extraconiugale. È un uomo indifferente, cinico, che si lascia vivere, senza provare sentimenti profondi, quasi “straniero” a se stesso. Questi aspetti forse troppo letterari e poco plausibili e realistici hanno lasciato perplessi alcuni lettori che non hanno simpatizzato per quest’uomo dai comportamenti così poco comprensibili e razionali. Anche la protagonista femminile rimane misteriosa: Andrée è spregiudicata, non si adatta alle regole della società che infatti la giudica, cerca un amore per molti versi inspiegabile e famelico.

Simenon ci insinua il dubbio che i due amanti non siano assassini ma siano forse le vittime e questa ipotesi è confermata dall’adattamento cinematografico.

Cos’è la camera azzurra? Un luogo ovattato, fuori dalla realtà, un altrove governato dall’istinto, dal sogno e la fantasia dove si nascondono anche erotismo e follia. La semplice nota di colore, l’azzurro della camera, diventa con Simenon un viaggio dentro la psicologia del personaggio: Tony associa quell’azzurro al colore della lascivia e lo riporta all’infanzia, “ai sacchetti di tela grezza pieni di polvere colorata che sua madre diluiva nella tinozza del bucato, prima di risciacquare la biancheria e stenderla sull’erba scintillante del prato”.

Struggente l’atmosfera malinconica che attraversa il libro, in particolare nelle scene famigliari in cui Tony sembra cercare rifugio: la moglie fedele e triste, incolore, la malinconica passeggiata con la figlia, l’atmosfera asfissiante della provincia in cui tutti mormorano fanno da contraltare alle intense passioni che i personaggi vivono nella camera azzurra. Viene descritto un microcosmo piccolo borghese in cui l’infelicità dei personaggi è esasperata dall’angustia degli spazi, dalla necessità di nascondersi, di chiudere la passione in una stanza che tiene al sicuro dal mondo esterno.

Leggi la pagina 21 di questo libro.