L’Arminuta di Donatella Di Pietrantonio

L’arminuta, in dialetto abruzzese, è la “ritornata”: una ragazzina di tredici anni che da un giorno all’altro scopre di non essere figlia delle persone con cui è cresciuta, e si trova restituita alla sua vera famiglia. Intorno a questo intreccio doloroso si snoda una storia che ha catturato l’intero gruppo, senza eccezioni, trascinandolo in una lettura (per alcuni rilettura) appassionata e coinvolgente. La discussione ha messo in luce i molti aspetti condivisi dal gruppo: il tema della maternità, da sempre amato dalla scrittrice, della famiglia, della sorellanza, e delle relazioni, che per una lettrice è da porre al centro del romanzo. Con una scrittura secca e dura che non intende sollecitare lacrime facili, l’autrice riesce a tratteggiare personaggi e paesaggi che si imprimono nella memoria del lettore: in particolare apprezzate le figure della sorella Adriana, delle due madri, dell’insegnante, e del fratello Vincenzo, l’unico personaggio maschile con una sua positività. Intenso è stato il dibattito sulle due madri e sul doppio abbandono: per alcuni il messaggio è quello di una forte critica al modello genitoriale materno, per altri invece la protagonista, pur delusa e anche rabbiosa soprattutto verso la madre adottiva, non condanna, non si erge a giudice, ma vuole invece affermare orgogliosamente, di fronte a tanta sofferenza subita, la sua personale rivincita, e raccontare come e dove ha trovato la forza che le ha permesso di sopravvivere e di occupare il suo posto nel mondo, come sembra dirci lo sguardo fermo della ragazzina in copertina. Il libro ha suscitato interessanti confronti e collegamenti con altri libri: a proposito del ruolo di madre si è ricordata la madre come “luogo” della Hustvedt (L’estate senza uomini), le due giovani amiche fanno pensare a L’amica geniale della Ferrante, come pure la figura dell’insegnante; il punto di vista della ragazzina è senz’altro riconducibile alla Kristoff della Trilogia della città di K. (una delle autrici preferite dalla Di Pietrantonio), e l’atmosfera magica di certe pagine ci ha riportato alla Accabadora della Murgia. Il tema dell’educazione come strumento di riscatto è centrale in un recente romanzo suggerito da una lettrice, L’educazione di Tara Westover, la cui protagonista è una ragazza che cresce in una famiglia mormone dell’Idaho. Se proprio si volesse individuare una debolezza ne L’Arminuta si potrebbe dire che il finale lascia il lettore un poco sospeso, in attesa di un seguito: il libro ci dice della protagonista divenuta adulta che in prima persona racconta la sua storia, ma quasi nulla ci dice di Adriana e di cosa ne è stato di lei. Insomma i lettori si aspettano un sequel! Intanto, come consiglio disinteressato e al di fuori delle scelte del Gruppo di lettura, possiamo leggere altri due bellissimi libri della stessa autrice: Bella mia e Mia madre è un fiume.

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Il bordo vertiginoso delle cose di Gianrico Carofiglio

Il romanzo racconta la storia di Enrico Vallesi, in un alternarsi tra passato ambientato nei banchi di scuola e narrato in prima persona, e presente, ambientato a Bari una trentina di anni dopo e narrato in seconda. Una scelta molto particolare quella di dare del tu al lettore, che dovrebbe trascinare dentro il libro e dentro il personaggio, ma che suona un po’ bizzarra e forzata. Enrico da giovane era un liceale come tanti, un po’ solitario, con una grande passione per la scrittura e per la musica. La sua vita cambia quando nella classe arriva Salvatore, un ragazzo più grande, già bocciato due volte, e politicamente impegnato, che un giorno decide di insegnare a Enrico a difendersi contro gli attacchi dei bulli. È lo stesso Salvatore che trent’anni dopo viene ucciso durante una rapina a mano armata e che riporta Enrico a Bari, in cerca di qualcosa, di un passato rimasto in sospeso che non gli permette di vivere il presente. L’Enrico adulto è uno scrittore di successo che non riesce più a scrivere, con una vita sentimentale disastrata e un senso di insoddisfazione che non riesce a placare. Il romanzo può essere letto come romanzo di formazione, ma anche come romanzo sulla crisi di mezza età. Il libro ha suscitato reazioni variegate, dalla stroncatura netta all’apprezzamento entusiasta. Molti lettori hanno complessivamente apprezzato la lettura pur sottolineando alcune criticità e debolezze dell’opera. Il protagonista è risultato un po’ indigesto per le sue “paturnie”, il suo monologo interiore, la serrata introspezione e il suo lasciarsi vivere nell’ombra. L’autore ci conduce infatti nel vortice interiore di Enrico fatto di ansie e domande continue che lo bloccano in uno stato di paralisi. Sono state maggiormente apprezzate alcune figure secondarie, come Celeste, carismatica e affascinante insegnate di filosofia, o l’amica Stefania, coraggiosa e grintosa, o il pescatore che vive con saggezza. Il finale aperto lascia intravvedere la possibilità di superare questa crisi esistenziale e in generale è stato apprezzato, proprio per lo spiraglio positivo. Al di là della vicenda narrata, molto ampia è la componente descrittiva del romanzo: Enrico torna nella sua città, Bari, e la riscopre attraverso i ricordi da cui si lascia guidare. L’autore inserisce, oltre a belle pagine descrittive, molte dissertazioni su vari argomenti: dalla storia della filosofia, attraverso le lezioni di Celeste, alle tecniche di combattimento e difesa, insegnate da Salvatore. E molte citazioni da libri, dischi, poesie. Per alcuni lettori questo aspetto ha arricchito il romanzo, è come se l’autore volesse condividere generosamente con il lettore tutto ciò che per lui è importante; altri lettori hanno invece mal digerito questo apparato di contenuti un po’ auto compiaciuti e fini a se stessi, che spezzano la narrazione. Solo sul finale si scopre l’origine e la spiegazione del titolo del romanzo, che è parte di una frase di Robert Browning: ‘A noi interessa il bordo pericoloso (vertiginoso?) delle cose’. Forse Carofiglio intende con questa citazione rimandare al vivere sospeso tra passato e presente di Enrico? O è forse riferito all’affacciarsi di emozioni forti come la passione, la gelosia, la pulsione alla violenza che Enrico ha vissuto in quei pochi mesi attraverso le sue relazioni con Salvatore e Celeste e di cui ha paura? O è l’oscillare tra incoscienza e coraggio?

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