Persuasione di Jane Austen

Il romanzo della Austen è piaciuto, se non altro per il suo valore indiscutibile di grande classico, per molti versi anticipatore, opera di una donna che tra Sette e Ottocento ha scelto di vivere sola e del solo suo lavoro di scrittrice. Non è possibile giudicare questo libro senza contestualizzarlo: collocato nel suo secolo, infatti, si alleggerisce di quegli aspetti che per alcuni lettori sono troppo banali o romantici o scontati, e mette invece in luce i suoi punti di forza: la bravura nelle descrizioni psicologiche dei personaggi, l’ironia nella rappresentazione di costumi e comportamenti aristocratici, il coraggio nell’inserire il tema della differenza tra i sessi con battute strepitose come quella di Anne quando afferma che “la penna è sempre stata nelle mani degli uomini”. Pur somigliando molto agli altri libri della Austen ( e riprendendone i temi quali l’orgoglio, il pregiudizio, la ragione e il sentimento), questo si rivela più maturo nello stile, nella compattezza della struttura “circolare” (i personaggi che aprono sono gli stessi che chiudono la storia), nella capacità di penetrazione nei sentimenti delle figure femminili, le più riuscite. Si avverte tuttavia un cambio di ritmo nel finale, troppo affrettato, forse perché l’autrice non ha avuto il tempo di rifinirlo e il libro venne pubblicato postumo. Apprezzato il titolo, Persuasione, che ben rappresenta, come filo conduttore del romanzo, l’intento moraleggiante alla base di certa spocchiosa nobiltà inglese che la Austen si diverte a ridicolizzare.

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Il bacio della donna ragno di Manuel Puig

Il libro ha suscitato una accesa discussione tra chi lo ha molto amato e chi lo ha detestato o interrotto per mancato coinvolgimento. La cosa interessante è che le ragioni alla base delle due opposte letture sono sostanzialmente le stesse! Parliamo infatti di struttura quasi tutta dialogata, di stampo teatrale, assenza di voce narrante e di descrizioni o spiegazioni che facilitino il lettore, trama scarna, inserimento di pagine in corsivo che sono di fatto dei monologhi interiori: questi aspetti hanno ostacolato il piacere della lettura per chi li ha trovati faticosi, confusi, perfino irritanti. Gli altri ne hanno invece apprezzato l’originalità e ritengono che Puig abbia intenzionalmente voluto che il lettore si “perdesse” negli scambi tra Valentin e Molina, nelle trame dei film assurdi, nell’alternanza di ricordi, sogni, incubi, scene d’amore e d’amicizia, sottintesi e ambiguità. Un solo elemento è stato criticato da tutti: la pesantezza e il poco senso delle note a piè di pagina in caratteri microscopici. Un punto di forza del libro è invece la profondità e dolcezza del rapporto di amicizia e d’amore tra i due, che si costruisce lentamente nel graduale disvelamento di entrambi, nel loro avvicinarsi e “contaminarsi” reciprocamente fino a fondersi e a non far più capire chi dei due sta parlando. E la scelta stilistica che Puig adotta per ottenere questo risultato consiste nel mettere al centro il POTERE magico e affascinante della NARRAZIONE da parte di Molina che racconta i suoi adorati film proprio per far innamorare Valentin… ma anche il lettore!

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Il ballo di Irène Némirovsky

Entusiasmo e apprezzamento pressoché unanime per questo breve capolavoro.
Già dalle prime righe cogliamo la capacità dell’autrice di ritrarre alla perfezione i vari personaggi: con pochi tratti questi emergono dalle pagine e sembra proprio di averli davanti.
Lo stile di scrittura è stato apprezzato da tutti per la perfezione: ogni parola è essenziale, non c’è mai qualcosa di troppo. La lettura è risultata così piacevolissima e abbiamo condiviso il gusto della lettura ad alta voce di alcune pagine; è stato inoltre suggerito l’ascolto della versione in audiolibro.
Un altro grande pregio del libro è l’attualità dei temi trattati, tanto che il libro sembra nostro contemporaneo: l’ipocrisia sociale e le goffe vertigini della ricchezza improvvisata emergono con grande impatto, attraverso scene ben riuscite come la descrizione degli invitati al ballo, la vestizione di Rosine che si carica di gioielli per accoglierli.
La lettura ha suscitato molte emozioni, dal divertimento e godimento alla pena per la rivalità madre-figlia e la crudeltà che segna tutto il loro rapporto. Anche il finale molto amaro ha colpito: Antoinette, attraverso la sua vendetta nei confronti della madre, impara a mentire ed entra nel mondo degli adulti, fatto di risentimento e ambizione.

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L’affaire Moro di Leonardo Sciascia

A 40 anni dal sequestro di Aldo Moro, abbiamo scelto di leggere il saggio che Sciascia scrisse a caldo nel 1978. Quando i politici italiani, nonché i giornalisti, si affannavano a dichiarare che le lettere di Moro dalla prigionia erano opera di un pazzo o comunque prive di valore perché risultanti da una costrizione, Sciascia si azzardò a leggerle, con l’acume e lo scrupolo che sempre aveva verso qualsiasi documento, riuscendo così a ricostruire un’intelaiatura di pensieri, di correlazioni, di fatti. Per alcuni la lettura è stata dirompente, soprattutto per chi non aveva mai approfondito questo tragico episodio della nostra storia e ne serbava un ricordo confuso e incompleto. Le parole di Sciascia, così dirette, hanno colpito nel segno e restituito il clima pesantissimo di quei giorni e la codardia e l’inerzia delle istituzioni, trasmettendo un senso di disgusto, di dispiacere e amarezza sullo stato italiano e suscitando molte domande ancora senza risposte. Chi invece di quel fatto e di quel periodo storico ha avuto, oltre a un vivo ricordo personale, un forte interesse e ha approfondito con altre letture, ha potuto valutare il libro come un saggio ormai anacronistico dal momento che oggi conosciamo molti elementi in più sui fatti. Lo stile così denso, la scrittura complessa e la disamina filologica hanno sicuramente reso difficile la lettura per molti e alcuni hanno abbandonato l’impresa.

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