Il mugnaio urlante di Arto Paasilinna

Arto Paasilinna, scrittore finlandese molto prolifico, usciva in Italia con Il mugnaio urlante nell’ormai lontano 1997. Questo libro è la storia, suddivisa in due momenti (Il mulino del folle, Caccia all’eremita) di un uomo “senza passato” che emigra verso il nord della Lapponia e compra il mulino delle Rapide della Foce, allora in disuso, dandogli una nuova vita. Le anime del villaggio in cui il mugnaio Gunnar Huttunen si stanzia convivono difficilmente con le stramberie del forestiero. Gunnar è un mugnaio speciale, a volte resta triste e arrabbiato, altre invece si eleva quasi a rappresentante di una spontanea e ingenua umanità, un personaggio insomma molteplice nella sua incompresa naturalezza che gli aliena le simpatie di chi non capisce la sua idea genuina, a tratti primitiva, di libertà. Il suo modo di fare è eccentrico, attira la folla, si diletta a compiere imitazioni degli animali, e ha l’abitudine di “urlare”, o meglio ululare di notte nei momenti di tristezza. Viene quindi presto additato e giudicato con sospetto, a volte paura o a volte disprezzo, o rifiuto, fino a divenire un paria, un essere “altro”, vittima di persecuzioni, malanimo, acredine. Il solco tra il protagonista e gli abitanti del villaggio sarà sempre più profondo fino a quando, emarginato dalla società, si troverà a vivere la forte alienazione dell’internamento in manicomio e poi, una volta evaso, un’esistenza di forzosa solitudine rifugiandosi nei boschi, da eremita.

Nel suo cammino incontrerà tuttavia anche dei cuori buoni: avrà la solidarietà della connivente guardia municipale Portimo, intratterrà un rapporto ambiguo, un amore sospeso con la consulente orticola Sanelma Kayramo e un’amicizia sincera con Piittisjarvi, che con una distilleria clandestina di acquavite, nascosta nel bosco e affidata alle premurose cure del mugnaio, cerca di sopravvivere a una normale vita da postino.

I lettori hanno trovato il racconto surreale, fuori dal tempo… come una fiaba. Proprio come una fiaba, tuttavia, e apprezzando lo stile asciutto e non ricercato dell’autore, vi trovano una morale. O una morale stratificata.

Gunnar è “l’estraneo”, e nel momento in cui il medico del paese imita animali è accettato, quando lo fa il protagonista vien redarguito e addirittura posto sotto giudizio psichiatrico e perseguitato. Molti personaggi – descritti con poche sfumature ma utili e connaturati alla metafora e ai simboli che rappresentano – sono affetti da “anormalità” accettate da tutti, perché parte di un sistema sociale chiuso e auto-determinato: una donna finge una malattia per semplice pigrizia ma nessuno ci trova nulla di strano, ad esempio. Il discorso, per i lettori, verte sulla diversità, connessa al conformismo. Gunnar è innocuo, ma peculiare perché esce da schemi conosciuti, e per questo viene colpevolizzato e tormentato. In un ribaltamento paradossale, la vera follia si manifesta in chi sta attorno al mugnaio, più che nelle sue stranezze.

Il racconto diviene così una parabola sul diverso, ma anche sul suo significato culturale, sociale, umano, persino antropologico… Chi è diverso, cosa è normale? Chi giudica la diversità, e quanto ha importanza lo stato di “fuori schema” e autonomia in questo? Alla fine ciò che non si comprende, ciò che rimane inspiegato genera non accettazione e paura. Forse, per alcuni lettori, è proprio il fatto che Gunnar sia un mistero, e la sua peculiarità- l’innocuo ululare- a renderlo a poco a poco pericoloso o inviso. Trovarsi davanti qualcosa di anomalo e non spiegato atterrisce – soffre infatti per la guerra? Per una moglie? Per un mulino perduto? Oppure, saggiamente si ipotizza, il protagonista come ne “Il richiamo della foresta” di London, non tollera più gli umani e gradualmente si avvicina al mondo animale per fuggire dal conformismo, dalle ipocrisie, dalle falsità… “Basta, fuggiamo, andiamo via”.

In quest’ottica il romanzo mette in scena una critica triste e amara alla razza umana, coi suoi giudizi, disprezzi sommari; il suo far male dicendo di agire per il bene, mentre incatena, limita, opprime.

Lodato per lo stile semplice, puro, non contaminato da intellettualismi e ricerche sofisticate, il romanzo è stato molto apprezzato per questa descrizione candida di un protagonista incorruttibile, risoluto, indipendente. Gunnar rimane nel cuore dei lettori: docile e gentile, senza filtri, puro nelle emozioni e un po’ strambo nelle esternazioni, dimostra di possedere uno spirito irriducibile, una capacità di adattamento e resistenza straordinari. Nonostante tutte le difficoltà, la sua vitalità non si esaurisce mai, proprio come fa la natura e si esprime in tanti episodi: con la sua nuova cassetta della posta, seppur in esilio, Gunnar potrà spedire e ricevere lettere, studiare per corrispondenza, leggere i giornali, coltivare insomma un contatto con il mondo attraverso la forma scritta.

Il racconto è immerso in una natura maestosa, imponente e selvaggia, ostile all’uomo. Paasilinna ha un passato da guardaboschi, con conoscenze botaniche e faunistiche che rendono le ambientazioni suggestive e realistiche. Quando il mugnaio fugge, un manipolo di uomini si mette sulle sue tracce con l’obiettivo di trovarlo, in un processo di progressiva animalizzazione del protagonista, imitando una vera e propria caccia a un animale selvatico, mimetizzandosi e attendendo invano che la scaltra preda compia un errore. Gunnar ha infatti un rapporto privilegiato con la natura, nella quale riesce a integrarsi subito, con abilità fuori dal comune per plasmarsi in animali e piante.

Il finale, spiegato in vari modi, simbolico, riceve interpretazioni precise e diverse da ogni lettore. Qual è la fine di Gunnar e di Portimo? Muoiono? Fuggono nella natura? O si trasfigurano in un lupo e in un cane proprio come fuga definitiva dalla razza umana.

Il tono del racconto è umoristico, tra il grottesco e lo stralunato. Ma dietro questa apparente leggerezza, Paasilinna avanza una critica alla società molto dura, mettendo in luce l’ottusa cattiveria dei benpensanti e l’assurdità del sistema che si definisce civile. Molto drammatiche ad esempio le pagine di Gunnar internato in manicomio. Paasilinna è un autentico narratore che attraverso la parabola discendente del mugnaio urlante ci fa riflettere sulla natura e sui rapporti tra gli uomini, sul conformismo e sulle anormalità, su tanto altro ancora, con la naturalezza che contraddistingue la sua scrittura.